FATTORIE INTELLIGENTI 

Innovazione aperta di green fablab diffusi

I GREEN FABLAB DELLE FATTORIE INTELLIGENTI PER UNA VERA RIVOLUZIONE DIGITALE DEL SETTORE AGRITECH 4.0 CHE PARTE DAL BASSO
Sfida
Una tempo venivano chiamate FATTORIE DIDATTICHE oggi, nell'era dello SMART FARMING SYSTEM in Italia si chiamano FATTORIE INTELLIGENTI.
Il seguire la filosofia della multifunzionalità che vede nella diversificazione e dell'autoproduzione sostenibile delle attività agricole un modo per generare nuovo reddito oggi più di prima deve essere fatto nel rispetto della autenticità dell’azienda agricola di un settore foodtech attraversato dalla trasformazione digitale 4.0 Indispensabile diventa quindi il rispetto dei ritmi naturali nella realizzazione dei vari percorsi, il rispetto della vocazione aziendale nell’offerta didattica e il rispetto del lavoro dei salvatori e salvatrici della terra. Il tutto utilizzando forme di comunicazione e di promozione e di innovazione di processi studiate e mirate a per persone con gusti e ricerche differenti. Esperienze uniche e multisensoriali dove la tecnologia umanizzata sovlge il ruolo di strumento funzionale alla costruzione di una relazione umana che nasce virtuale [prenotazione] diventa fisica [laboratori esperienziali] e torna virtuale [videorecensioni] in modo continuativo. 

 VALORE

La fattoria didattica era un'azienda con peculiarità specifiche per una “educazione sul campo” : ecocompatibile perché adotta sistemi di produzione biologica o integrata o produzioni tipiche di qualità accogliente perché dispone anche di un luogo di accoglienza coperto e riscaldato per la realizzazione delle attività didattiche in caso di maltempo e in tutti i periodi dell’anno attrezzata con arredi e strumentazione indispensabile per realizzare le attività, servizi igienici riservati agli ospiti, adeguata pulizia educativa er effettuare percorsi didattici “attivi” sull’educazione ambientale, alimentare, al gusto e alla ruralità, realizzabili in funzione dell’età dell’utente sicura perché rispetta le norme sanitarie e di sicurezza vigenti, ha limitazioni d’accesso o segnalazioni di pericolo dove opportune e un’assicurazione di responsabilità civile che includa i rischi di intossicazione alimentare. Oggi nell'era di “internet of farming” e della “precision farming 4.0” questa caratteristiche non sono più sufficienti per ospitare nativi digitali che cercano la tecnologia applicata sul campo per toccare con mano e osservare con i propri occhi i vantaggi delle applicazioni IoT e dell'agricoltura di precisione 4.0 e verificare i nuovi processi delle coltivazioni più sostenibili rispettando le nuove direttive del Green New Deal e dell'Agenda 2030. 
I fabrication laboratory – FABLAB – sono nati come officine cittadine che offre servizi open source personalizzabili di fabbricazione digitale. Gli apparati informatici e la stampante 3D sono “strumenti di progettazione” di base di ogni FabLab per la creazione di innovativi oggetti e programmi in maniera flessibile e semi automatica. FATTORIE INTELLIGENTI rappresenta un format che nasce dalla volontà di portare la trasformazione digitale nelle aziende agricole 4.0 oggi coinvolte nella digitalizzazione di tutto il sistema agro-alimentare. La SOCIETY 5.0 deve prevedere anche il coinvolgimento delle zone rurali italiane dove oggi non arriva neppure una linea ADSL degna dello SMART FARMING SYSTEM e ridurre in poco tempo il “digital divide” con il centro delle città della cosiddetta “società moderna”. I Green FaB Lab delle “fattorie Intelligenti” possono rappresentare uno strumento funzionale per adottare nei processi aziendali delle fattorie didattiche nuovi strumenti e tecniche per valorizzare la digitalizzazione delle zone rurali garantendo l'accesso ad un vasto sprettro di opportunità che la transazione digitale e il 5G oggi, più di prima, può garantire. Tramite l'installazione di micro green fablab interni alle aziende agricole ogni area rurale può avere accesso ad una nuova formazione a distanza sui nuovi strumenti di lavoro digitali del web 3.0: software e piattaforme in cloud, as a service, blockchain, IoT, tecnologia DlT, realtà aumentata, stampa 3D potranno diventare presto i nuovi utensili dei “digital farmer” delle fattorie intelligenti 4.0. Sotto l'aspetto formativo si potrebbero quindi implementare, in modo diffuso e non dispendioso, la formazione digitale di base di una vasta gamma di utenti agricoltori i quali spesso sono impossibilitati ad accedere ad una conoscenza condivisa attraverso il mondo virtuale per via della mancanza delle infrastrutture e dei formatori vicino al proprio contesto lavorativo [la campagna] creando nel tempo una disuguaglianza sociale che si manifesta in tutti i campi determinando una nuova analfabetizzazione digitale 4.0. 
Un green fablab con alcune postazioni fisse come nodi di una rete telematica interconnessa può garantire pari opportunità a tutte e tutti evitando di ampliare il divario già marcato rispetto alle grandi comunità e città e potrebbero essere affiancate da altre attività collaterali tipiche delle fattorie didattiche in modo da garantire un ambiente sano e sereno per coloro ne usufruiscono perché facilmente raggiungibile. Un bar o un punto di ristoro di bevande e prodotti eco-sostenibili e biologici sani potrebbero garantire un valore aggiunto al green fablab al punto da renderlo più familiare e con un approccio più ri-creativo all'ambiente di gioco-lavoro fai-da-te. L'accesso alla rete è garantita da questi micro data center allestiti presso le sedi del fablab che mettono a disposizione della popolazione agricola mezzi e strumenti per una corretta interpretazione delle funzionalità del nuovo web 3.0 e delle nuove tecniche di collaborazione a distanza [e-commerce, social network, messaggistica istantanea, video-conferenze] e di promozione e comunicazione online in modo tale che venga recepita a pieno il valore di un corretto e intelligente utilizzo degli strumenti del web 3.0. Le applicazione di questo format riguardano lo Smart Faming System applicazioni e tecnologie utili per diventare protagonisti pro-attivi della 4° rivoluzione industriale/agricola in atto e rendere la propria azienda agricola più smart – intelligente – interconnessa, seguendo la strada già avviata della tedesca FabFarm: una combinazione di FabLab e CityFarm con ambienti di lavoro e giardini dove testare nuovi processi di coltivazione come l'idroponica, ma anche hackerare alcuni strumenti di lavoro sul campo. La rete diffusa delle Fattorie Intelligenti in Italia parlano italiano si traduce il “codice informatico” in una lingua comprensibile per una popolazione che non è mai stata in una Fab City come Barcellona, e che forse mai ci arriverà, e che animeranno micro spazi e ambienti di ricerca e di sperimentazione concepiti per sviluppare nuovi modi innovativi di creare le aree rurali del futuro più attraenti anche per coloro che oggi vogliono tornare ad investire nell'agricoltura 4.0 e lavorare la terra per produrre nuovi modelli economici, una nuova GREEN ECONOMY più sostenibile e tecnologicamente al passo con l'evoluzione della SOCIETY 5.0, trasformando le aziende agricole in centri nevralgici di una nuova rete interconnessa di micro centri di produzione locale, innovazione sostenibile e di reale connessione con il mondo “urbanizzato”. 
Il programma multipotenziale FATTORIE INTELLIGENTI è un format circolare dove tutti gli aspetti della vita contadina vanno a connettersi gli uni con gli altri, garantendo un ritorno di esperienza di vita reale e funzionale alla formazione di una “next generation” più consapevole e più attenta alla sostenibilità ambientale e sociale, utile a 360° dal sociale al lavoro, dall'ambiente domestico a quello produttivo. E quando si fa riferimento ad un contesto produttivo per un micro green fablab non si trattano le produzioni di massa, ma le fattorie intelligenti possono dimostrare grandi potenzialità alle esigenze locali e personali dei nuovi digital farmers: piccole autoproduzioni per piccole comunità agricole, verdi, circolari e virtuose. Tramite l'utilizzo di stampanti 3D unite alle postazioni fisse e alla formazione digitale è possibile creare le condizioni per una piccola filiera per micro-produzioni verdi in grado di garantire una minima e basilare autosufficienza delle aziende agricole, le quali ancora oggi restano escluse e isolate dalle produzioni che fanno parte della Eco Green Economy. I Green FabLab possono fornire innovativi strumenti per realizzare dispositivi tecnologici utili ai nuovi processi aziendali dello SMART FARMING SYSTEM: un esempio su tutti la produzione del filamento per stampa 3D ottenuto da canapulo della canapa: Hemp Bio Plastic HBP® prodotto dalla start-up KANESIS 
L'obiettivo del format FATTORIE INTELLIGENTI prevede molte applicazioni tutte circolari, verdi e interconnesse in gradi di garantire con il giusto supporto la digitalizzazione delle comunità rurali partendo dal basso, al fine di consentire eque opportunità a tutte e tutti evitando di creare situazioni di disparità tra gli abitanti di un piccolo paese in campagna che potrebbero essere visti come “cittadini di serie B” rispetto a quelli delle grandi città dove i “fabrication laboratory” oggi non sono più open source ma sono entrati nel mercato e competono con grandi multinazionali dell'information technology, con idee innovative e modelli di business dirompenti perché generati dai makers, da sviluppatori e informatici che agiscono ogni giorno per migliorare le proprie condizioni di vita puntando ad un benessere sociale condiviso prima che quello personale economico.

DEI MESTIERI E DELLE ARTI DELLA SOSTENIBILITA' 
Una scuola-laboratorio all'interno di ogni micro green fablab con l'intento di creare percorsi formativi alternativi anche laddove oggi la rete fatica a diffondersi come nel centro delle città dove la fibra ottica è gratuita. Viviamo infatti un’epoca dominata da questo termine, in cui la CSR (Corporate Social Responsibility – la Responsabilità Sociale d'Impresa) si sta facendo asset fondamentale delle politiche aziendali anche delle piccole e medie imprese della Green Economy. All'interno delle FATTORIE INTELLIGENTI il termine sostenibilità sarà considerato in relazione ai modelli di una nuova agricoltura della cosiddetta Green Economy 4.0 ed un è un elemento che sta alla base del modello di economia circolare che sta nascendo tra le serre urbane e gli orti cittadini grazie alle soluzione di vertical farm. 
La sostenibilità oggi nei GREEN FABLAB come enti di formazione autogestita
La sostenibilità, quella pratica, richiede l’interazione di molti elementi: in particolar modo il rapporto tra l’essere, il proprio benessere e il contesto , ma soprattutto al sistema naturale che circonda ogni individuo. Per noi creatori del format FATTORIE INTELLIGENTI la sostenibilità deve essere considerata non solo da un punto di vista energetico ma anche di well-being della persona. È necessario raggiungere uno shift culturale, in cui sia i consumatori 4.0 che gli agricoltori di domani comincino ad acquisire coscienza delle proprie scelte già sui banchi di scuola. Coscienza, appunto. O come si usa dire oggi nel marketing - tra i molti anglicismi imprestati alla lingua italiana: awareness. Questa si raggiunge attraverso modelli tangibili di benessere “Pensiamo che sia giunto il momento di lavorare a una piena integrazione tra educazione, pratica professionale e ricerca e fabbricazione digitale. Il progetto delle FATTORIE INTELLIGENTI punta su un'idea di sostenibilità che cerca di combinare questi elementi innovativi partendo dalla formazione. Si tratta di un modo di ripensare completamente ai processi produttivi nel settore agro-alimentare. All'interno di ogni FATTORIA INTELLIGENTE vogliamo apprendere facendo in modo cooperativo e dare una rappresentazione tangibile di una relazione che si sta invertendo: la natura è molto più potente di ogni nostra nuova costruzione. Vogliamo insegnare che la campagna di domani, la ‘Smart Farm” è una campagna che deve tornare a rispettare di più sia il verde che la terra, nella quale noi abbiamo un rapporto subordinato rispetto ad essa. E non il contrario.
Una visione sostenibile
Un altro modo di vedere il mondo agricolo. Stiamo uscendo da una fase in cui abbiamo utilizzato molte risorse e non siamo stati in grado di restituirle. Quando si parla di sostenibilità per le FATTORIE INTELLIGENTI questa cessa dunque di essere un concetto astratto ma ha alla base un problema molto concreto: la necessità di gestire meglio le risorse che sono rimaste.
Anche l'agricoltura deve quindi ricercare una dimensione empatica, in modo da comprendere a fondo lo spazio e l'ambiente in cui opera. Non si tratta più di lavorare la terra in modo intensivo per ottenere prodotti OGM, ma di creare una relazione tra la terra e l’ambiente che la sovrasta. Oggi troppo spesso quell’empatia si è persa in favore della tecnologia industriale, ma è ormai chiaro che quella tecnologia “spersonalizzante” non è sufficiente. È necessario quindi ritrovare un dialogo con i contesti ambientali, in modo da utilizzare l’energia e le risorse naturali per quelli che sono i nostri bisogni reali e ottenere dalla terra quello che in modo “naturale” e spontaneo può produrre, con una visione sostenibile.
I CORSI DI FORMAZIONE learning by doing - learning by thinking.
All'interno delle FATTORIE INTELLIGENTI si terranno corsi di formazione e laboratori innovativi “imparare facendo” - “imparare attraverso il fare” “operare pensando, riflettendo, discutendo con se stessi e con gli altri” dove la tecnologia digitale della stampa 3D e i new media sono al servizio di laboratori sperimentali i quali, oltre a rappresentare una semplice e accessibile esperienza laboratoriale, saranno utilizzati come strumento di supporto alla didattica sui nuovi strumenti di lavoro dello SMART FARMING SYSTEM.
Il nostro contesto emiliano-romagnolo
Le città dell’Emilia Romagna sono fra le più attive in Italia in materia di sviluppo urbano sostenibile e integrato. Molte di queste sono in prima fila all’interno di programmi cofinanziati dall’Unione Europea e altrettante stanno sviluppando esperienze innovative e destinate ad essere replicate a livello nazionale ed europeo. Le reti tematiche create da Urbact in tutta Europa sugli obiettivi tematici della Politica di Coesione vedono un alto numero di città della regione coinvolte; queste sono molto attive e dedicano grande attenzione alle sfide poste dai contesti urbani, dalla rigenerazione urbana, alle politiche giovanili fino allo sfruttamento consapevole e sostenibile degli spazi urbani abbandonati e in degrado. La partecipazione a network di Urbact non costituisce tuttavia l’unico elemento di attivismo presente sul territorio: sono tante le realtà composte da amministrazioni locali e cittadini che si sono attivati per rispondere alle sfide e alle crisi delle città, dando risposte innovative e immediatamente replicabili. Urbact dell’Emilia Romagna dimostra che la nostra regione è una delle punte sperimentali più avanzate del paese su temi come la rigenerazione urbana, la valorizzazione dei beni comuni, l’attenzione all’ambiente e alle generazioni future. Bologna è stato il primo comune italiano ad adottare un Regolamento sui Beni Comuni (redatto dal Comune di Bologna in collaborazione con Labsus- Laboratorio per la Sussidiarietà), uno strumento innovativo e di successo, tanto da essere stato replicato in moltissimi comuni della Penisola. Approvato nel 2014, ha innovato radicalmente l’approccio ai beni comuni; ha infatti dato lo spunto per la creazione di patti di collaborazione fra amministrazione e cittadini per valorizzarli e curarli: un modello di open innovation riproducibile e scalabile in altri contesti. L’idea di fondo è che i cittadini vogliano prendersi cura dei luoghi che abitano e le amministrazioni debbano riconoscere e favorire questa pretesa garantita dalla Costituzione col principio di Sussidiarietà contenuto nell’art. 118. Sempre a Bologna tra le tantissime esperienze ad alto impatto innovativo di 3 sono famose a livello nazionale: l’Opificio Golinelli, Dynamo - la Velostazione di Bologna e Case Zanardi. L’Opificio Golinelli, uno spazio della Fondazione Golinelli, è una cittadella della conoscenza ricavata dalla riqualificazione di un ex stabilimento industriale nella periferia di Bologna. In questa struttura di 9mila metri quadri la Fondazione si occupa di educazione, formazione e ricerca; l’alto tasso di innovatività è la caratteristica saliente di queste attività, insieme all’approccio partecipato e di coesione. 
Altro modello di riferimento di Eco Green Economy è Dynamo – la Velostazione di Bologna creata dall’Associazione Salvaiciclisti – del 2014. Questo spazio non rappresenta soltanto un parcheggio sicuro per i ciclisti che si muovono nella zona della stazione, ma molto di più; è un hub dedicato al mondo del trasporto sulle due ruote (dalla riparazione al noleggio) e un polo culturale partecipato che ospita manifestazioni culturali di grande interesse. Il progetto Case Zanardi è una rete cittadina di welfare, attiva nel campo dell’inclusione sociale e lavorativa. Fornisce strumenti a chi è in cerca di lavoro, aiuta i giovani che necessitano di un percorso formativo professionale e distribuisce beni di prima necessità a chi ne ha bisogno. Solo nel 2016 ha aiutato 112 famiglie in difficoltà. Il contrasto allo spreco dei beni, la valorizzazione delle risorse umane e materiali della città, il diritto al lavoro sono gli elementi fondanti del progetto, che ha avviato sul territorio numerose iniziative, tra cui laboratori di riuso, orti urbani, percorsi di formazione, tirocini e punti di raccolta e smistamento di generi alimentari. Innovazione sociale, economia collaborativa e valorizzazione dei beni comuni sono i tre pilastri di questi innovativi modelli di Eco Green Economy funzionanti sul nostro territorio e si basano su percorsi innovativi di co-progettazione che, attraverso diverse attività sperimentali, si propongono di ripensare e riqualificare gli spazi urbani in una logica green. L’idea di fondo che muove gli attivisti bolognesi è la consapevolezza che gli spazi verdi non edificati possono giocare un ruolo fondamentale nello sviluppo del benessere sociale ed economico. L'idea di fondo del programma decentralizzato con il coinvolgimento dei makers italiani dall'associazione MAKERN è quella di individuare nuovi spazi rurali e non più urbani dove costruire ambienti aperti alla condivisione e all'innovazione tecnologica per i cittadini della campagna, delle aree rurali che presto torneranno a ripopolarsi di giovani “digital maker farmer”.
Il vantaggio di poter avvalersi della competenza e dell'innovazione tecnologica raggiunta dalla PMI romagnola in grado di costruire la stampante 3D più grande al mondo, la WASPproject ci permette di poter garantire un supporto tecnico e l'assistenza necessaria per avviare questo modello innovativo di “Green Maker Economy” 
Le radici del New Green Deal europeo
Ripensare la produzione agroalimentare nelle piccole e medie città europee si è creato un circuito internazionale denominato AGRI-URBAN con l'obiettivo di pianificare l'azione europea. La produzione agroalimentare è un'industria matura che continua a svolgere, anche in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo, un ruolo importante in termini di PIL, occupazione e sostenibilità ambientale. Ecco perché i nuovi potenziali di crescita devono essere attivati ​mediante innovazione, nuovi modelli e strategie di business. La visione di questo network è di mettere le città al centro di un crescente movimento globale che riconosce l'attuale complessità dei sistemi alimentari e i collegamenti tra le città rurali e le città vicine come un modo per garantire lo sviluppo regionale. Partendo da questa rete esistente la proposta della start-up INNOVABILITA è un modello di innovazione aperta applicata per la co-creazione di micro-poli tecnologici diffusi per lo sviluppo sostenibile [Agenda 2030] per una formazione offline e online su una nuova cultura della responsabilità sociale d'impresa tra una rete di giovani impegnati attivamente in percorsi di auto-orientamento al lavoro grazie all'attivazione di spazi creativi green e di Green Fablab sostenibili: le comunità rurali coinvolte faranno parte di micro-ecosistemi ideali per accogliere questi micro-poli tecnologici diffusi con un programma specifico nazionale di rigenerazione delle aree rurali. Non vogliamo creare nulla di nuovo, ma applicare ciò che funziona in altri contesti rurali europei, per una “Green Maker Economy”.
Agricoltura nei capannoni dismessi con la "vertical farm": il progetto Ri-Genera come modello di riferimento italiano.
Le nuove frontiere dell’agricoltura, sostenibile e innovativa, raggiungono le aree urbane e regalano una nuova vita a spazi dismessi e uffici o negozi ormai in disuso e difficilmente recuperabili. In queste aree che l’industria ha abbandonato, in questi “vuoti” non più utili per le attività produttive, grazie alle innovazioni tecnologiche, alla ricerca e alla versatilità del settore primario, sarà possibile coltivare prodotti agricoli in condizioni ottimali, senza l’uso di pesticidi e con un consumo energetico ridotto.
Coltivazioni idroponiche, a ridotto consumo d’acqua, in ambiente “indoor” permettono di riutilizzare spazi dismessi per attività produttive ad alto tasso di innovazione e a basso impatto ambientale: è la nuova frontiera della “vertical farm”, l’agricoltura che si sviluppa in spazi chiusi e ristretti, anziché nei tradizionali terreni per la coltivazione “in orizzontale”, e che permette di ottenere ortaggi, fiori, frutta e prodotti “nutraceutici“ in un ambiente con condizioni “climatiche” controllate, grazie all’automazione delle fonti energetiche, quasi azzerando l’uso di agrofarmaci e altri prodotti per il controllo dei parassiti. I vecchi capannoni dismessi diventano così orti e giardini del futuro, ideali per una produzione agricola all’insegna del risparmio energetico e dell’attenzione all’ambiente. Il tutto grazie alla ricerca tecnologica condotta dall’Enea e dal mondo universitario e all’apporto di innovazione di alcune aziende. Questo è un modello già funzionante di Green Maker Economy che non prevede l'utilizzo degli strumenti dei fablab: FATTORIE INTELLIGENTI non esclude l'ambiente urbanizzato, ma si concentra sulle aree rurali per rigenerare appezzamenti e terreni abbandonati dalla nostra generazione di millennial.
Progetto Ri-Genera: modello di open innovation italiano.
Il “Progetto Ri-Genera” è un modello di innovazione aperta attivata tra la Camera di Commercio, della Provincia e del Comune di Padova, attraverso la firma del protocollo d’intesa per la realizzazione e lo sviluppo di produzioni idroponiche in spazi dismessi tra ENEA, Coldiretti Padova, Parco Scientifico e Tecnologico Galileo, Idromeccanica Lucchini, Gentilinidue e Advance Srl (gruppo di spin-off dell’Università di Padova): un modello sostenibile, riproducibile e scalabile anche in Romagna. L’obiettivo di un progetto innovativo come Ri-Genera è accelerare l’industrializzazione dei processi di vertical farming in Italia, favorire il recupero e la riqualificazione di spazi dismessi e promuovere lo sviluppo di attività produttive sostenibili, di qualità e ad alto valore nutraceutico. La presenza di un polo universitario di eccellenza nella ricerca agronomica e ingegneristica, di una consolidata tradizione agricola e industriale e di un sistema imprenditoriale dinamico e aperto all’innovazione rende il territorio della regione Veneto particolarmente adatto per l’avvio di attività sperimentali propedeutiche alla realizzazione del progetto, che può essere replicato a livello nazionale e internazionale. Con FATTORIE INTELLIGENTI introduciamo il valore intestimabile dei green fablab come ulteriore elemento produttivo di un programma altamente sostenibile perché circolare e innovativo.
L'iniziativa sostenibile a livello locale
La produzione di cibo rappresenta una delle maggiori sfide del prossimo futuro a causa dell’incremento della popolazione mondiale, della limitata disponibilità di terreno coltivabile e dei crescenti cambiamenti climatici. A questo proposito è necessario ridurre l’impatto ambientale delle produzioni agricole, massimizzando l’efficienza nell’uso delle risorse idriche e nutrizionali e minimizzando l’impiego di prodotti di sintesi per offrire al consumatore finale un prodotto sostenibile e sicuro. La sede provinciale di Coldiretti Rimini sostiene il programma di sviluppo di una multipiattaforma basata su protocollo blockchain per la tracciabilità delle materie prime lungo la filiera agricola, una delle nuove frontiere dell’agricoltura 4.0 proposta dalla start-up INNOVABILITA. L'innovazione non è solo tecnologica ma anche nelle modalità di coltivazione: le colture idroponiche, o “senza suolo” o “fuori suolo”, comprensive di tutte le tecniche di coltivazione “indoor” senza uso di terreno agrario, sono un settore in forte crescita in Italia e all’estero, inoltre contribuiscono ad affrontare l’impegnativo aspetto della riqualificazione di spazi pubblici e del tessuto urbano e rurale come risposta pratica all'emergenza economica e sociale in tutte le regioni d’Italia, ma al tempo stesso una grande opportunità per il rinnovamento e il rilancio dei sistemi produttivi locali. Queste “vertical green farm” sono realizzate con sistemi di coltivazione idroponica indoor ad alta tecnologia che consente di aumentare notevolmente la produzione, abbattere il consumo di risorse naturali, ridurre le distanze tra produttore e consumatore e minimizzare l’uso di fitofarmaci: l'aggiunta di soluzioni nate dall'autoproduzione dei green fab lab potrebbero aumentare notevolmente il livello della sostenibilità di tutto il progetto green. 
Le applicazioni sperimentali  italiane
ENEA ha realizzato in collaborazione con la Idromeccanina Lucchini un modello di vertical farm mobile, denominato “BoxXland”, consistente in un impianto modulare high tech per la coltivazione in container di prodotti orticoli in verticale e fuori suolo a ciclo chiuso, senza l’uso di insetticidi, in ambienti illuminati con luce a led e con un software che ne gestisce irrigazione e condizionamento dell’aria. Il primo prototipo di vertical farm realizzato per Expo 2015 è stato esposto in numerose fiere nazionali e internazionali del settore agroalimentare ed è attualmente commercializzato in Italia e all’estero. Sempre ENEA, in collaborazione con Gentilinidue e con i Dipartimenti di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente (DAFNAE) e Ingegneria dell’Informazione (DEI) dell’Università degli Studi di Padova, ha presentato nel 2016, nell’ambito del programma Horizon 2020 SME instruments – phase 1 dell’Unione Europea, il progetto “Vertical Farm 4.0” (impatto zero, km zero, scarti zero, emissioni zero) per il recupero di edifici industriali dismessi mediante la creazione di vertical farm, che ha ottenuto il “Seal of Excellence” da parte della Commissione Europea.
"Arkeofarm"
Un altro sistema innovativo di vertical farming in edifici dismessi, ribattezzato “Arkeofarm”, porta la firma di ENEA e Lucchini e consiste in un impianto per coltivazioni orticole intensive con sviluppo multipiano verticale, che impiega tecniche idroponiche avanzate in un ambiente chiuso e climatizzato, con illuminazione artificiale integrale a led, e che, in funzione della superficie coltivata, può essere ad alta o altissima automazione con sistemi automatici o robotizzati per tutte le operazioni, dalla semina, alla raccolta, al confezionamento. Entrambi i tipi di vertical farm, sia quella in container sia quella in edifici, possono contribuire alla rigenerazione di beni mobili e immobili dismessi dando loro una nuova destinazione d’uso a fini produttivi, generando un importante indotto economico, stimolando la nascita di distretti agroalimentari avanzati anche nelle aree urbane e periurbane e quelle delle aree rurali abbandonate creando preziose opportunità di diversificazione e di apertura di nuovi mercati e nuove opportunità per l'economia dei paesi di montagna e dei piccoli borghi italiani.
Affinché queste soluzioni possano avere una diffusione su vasta scala, occorre però superare gli ostacoli economici derivanti dagli alti costi di investimento e di gestione per l’elevato grado di automazione delle linee produttive e i rilevanti consumi di energia e dalla qualità percepita dei prodotti, non sempre in linea con le esigenze del mercato. INNOVABILITA in partnership con centri di ricerca universitari o tecnopoli mette a disposizione le competenze necessarie per coordinare l'innovazione di processo e il modello di “open innovation” per selezionare i tipi di coltura, migliorare i processi produttivi e la qualità dei prodotti e per svolgere attività educative, di formazione professionale volte a migliorare la preparazione degli operatori e ad aumentare la consapevolezza dei produttori, dei consumatori e delle istituzioni sui benefici delle tecniche di coltivazione idroponica e di vertical farming integrata con i micro green fablab. Il centro di ricerca può ottimizzare i processi produttivi al fine di aumentarne la sostenibilità economica e ambientale, analizzare le caratteristiche e le dinamiche dei settori di riferimento, individuare le filiere e le coltivazioni con il più alto grado di stabilità e di redditività e mettere a punto le strategie di marketing e comunicazione più adatte per rafforzare la competitività delle vertical farm e dei green fablab e la loro capacità di penetrazione dei mercati. Coldiretti Rimini potrebbe fornire il proprio contributo per individuare gli spazi da adibire a vertical farm, gli imprenditori interessati ad avviare le relative attività e le figure professionali necessarie per la loro conduzione e a promuovere, in collaborazione con i partner e con gli altri soggetti pubblici e privati interessati, la cultura dell’idroponica high tech e quella dei makers della stampa 3D presso i propri associati, presso le istituzioni e le aziende agricole coinvolte nel programma.
AGENDA 2030 SVILUPPO SOSTENIBILE 
Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dovrebbero essere realizzati entro il 2030 a livello globale da tutti i Paesi membri dell’ONU. Ciò significa che ogni Paese del pianeta è chiamato a fornire il suo contributo per affrontare in comune queste grandi sfide. Inoltre, sono stati definiti come vincolanti incentivi volti ad incoraggiare interlocutori non governativi a partecipare in modo più attivo allo sviluppo sostenibile. L’acronimo ESG riassume le iniziali di Environmental, Social e Governance e si utilizza in ambito economico/finanziario per indicare le attività legate agli investimenti socialmente responsabili (SRI)che perseguono comunque obiettivi tipici della gestione finanziaria tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance delle attività economiche. La motivazione di questa attenzione è anch’essa di matrice puramente economica, considerando che lo sviluppo dei volumi di attività è particolarmente rilevante negli ultimi trimestri e coinvolge il complessivo mondo del risparmio gestito, risultando anche un elemento di immagine positiva. 
Un approccio completo che supera le visioni tipiche di qualche anno fa quando la finanza tradizionale investiva in ambiti economici “etici”, oppure la finanza gestiva in modo etico i risultati ottenuti investendo in un’economia tradizionale. 
Il contesto normativo della SRI costituisce un perimetro necessario per guidare molteplici poli decisionali verso soluzioni coordinatein un ottica di “open innovation” nel quadro della Comunità Europea sono determinanti:
la Shareholders Directive II (SHRD II) nel contesto ESG;
il crowdfunding quale strumento complementare per favorire la raccolta di risorse idonee;
la regolamentazione per l’engagement delle società produttrici dei beni alternativi;
impatto di normative comunitarie e nazionali di più ampio respiro in campo ESG;
l’action plan della UE con orizzonte 2030.
Per quanto concerne invece i valori ESG: ambiente (E) società (S) e governance (G):
l’etica dell’economia e della finanza, comunque rivisitate dopo la crisi del 2007-08;
i megatrend socio-economici ed il loro impatto sulle scelte ESG;
la valutazione SRI-based ed i criteri per il calcolo dell’analisi costi-benefici;
la ESG evaluation nelle sue diverse impostazioni e letture;
la logica economica nell’era ESG; rischi minori nel lungo termine e volatilità minore nel breve
Un primo elemento di convergenza degli studi e delle applicazioni empiriche impone di inquadrare una riconosciuta definizione di SRI.                                          Esaminiamo quindi i seguenti fattori più facilmente condivisibili:
lo sviluppo sostenibile è considerata una forma di sviluppo economico compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e dei beni liberi e disponibili anche per le generazioni future;
l’economia sostenibile è un ramo degli studi dell’Economia dello Sviluppo incentrata sul concetto di sviluppo sostenibile per le multinazionali e per noi PROGRESSO SOSTENIBILE.
nelle scienze ambientali ed economiche, la sostenibilità ambientale è la condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.
vivere sostenibile è un impegno, perché richiede il compiere anche piccole azioni quotidiane con consapevolezza.
Strumenti finanziari ESG/SRI
I profili di economia ambientale finora delineati hanno approfondito i criteri per valutare gli emittenti al fine di indirizzarne i flussi di investimento. Per completezza dell’analisi è peraltro necessario introdurre anche i due principali strumenti finanziari specificatamente dedicati nella loro struttura tecnica al contesto ESG: i Social Impact Bond e le Green Bond. I SIB sono strumenti finanziari che non rappresentano vere e proprie obbligazioni, bensì strumenti di finanziamento il cui risultato o rendimento atteso è legato al conseguimento di un predeterminato risultato (IMPATTO) con caratteristiche sociali e non solo economiche. Vengono comunemente definiti «pay for results» oppure «pay for success», possono assumere anche le caratteristiche di un contratto finalizzato al conseguimento di obiettivi di beneficio sociale. Si correlano pertanto ai principi dell’economia pubblica basata sulla analisi costi-benefici attraverso criteri di valutazione che rispondono a finalità il cui risultato non si limita al ritorno diretto dell’investimento specifico, ma che coinvolge stakeholders della più varia natura da coordinare secondo pianificazioni di lungo periodo. I Green Bond costituiscono una definizione altrettanto a largo raggio che tende a costituire un complesso di fonti di finanziamento di credito la cui finalità è verso un greening financial system ed una diversa classificazione dei rischi. In realtà i GB si inseriscono in campo economico ben più vasto che ricomprende anche Green Jobs, cioè nuove professioni destinate a creare competitività, innovazione e finanza per una crescita economica sostenibile; alcune competenze hanno conseguito già livelli di specializzazione elevati che reclamano professionalità ormai ricercate, soprattutto laddove comparti economici o specifiche iniziative si avvicinano per la prima volta ai contenuti SRI. La denominazione “strumenti finanziari” significa peraltro, che tali prodotti rientrano nell’alveo di quelli ricompresi nella direttiva MiFID II e – nel contesto italiano – nell’articolo 1, comma 2, lettere da a) a j) del TUF, assumendo i connotati di prodotti dotati di passaporto europeo e, quindi, a libera circolazione nel mercato comunitario.
Alcuni aspetti potenzialmente critici, cioè da risolvere necessariamente per consolidarne il successo sul mercato, senza generare rischi o preoccupazioni, si ricollegano a:
Il rischio green washing cioè di emissioni che utilizzino l’etichetta senza riprodurne finalità e connotati
Il rischio di liquidità connesso con le debolezze strutturali del mercato finanziario italiano per le piccole e medie imprese
Il comportamento e la classificazione nel mercato italiano dei titoli già quotati, ESG compliant.
La governance principi di compatibilità, sostenibilità e trasparenza
La corporate governance responsibility coordina una serie di soluzioni e scelte che indirizzano la gestione delle imprese verso l’economia sociale dei sistemi di rappresentanza societaria, in armonia con gli interessi dei molteplici stakeholder che gravitino attorno agli attori economici. I principi rappresentano l’evoluzione progressiva della CSR (Corporate Social Responsability), o RSI (Responsabilità Sociale delle Imprese). Con questa locuzione, s’intende l’impegno dell’impresa a comportarsi in modo etico e corretto, andando oltre il semplice rispetto della legge, e arricchendo le scelte di gestione con considerazioni etiche, sociali e ambientali. Di fatto, nel tempo, soluzioni originate in tali ambiti si sono tradotte nel tempo in vere e proprie normative vincolanti.
La CSR si articola in due dimensioni:
interna: ricomprende la gestione delle risorse umane, la salute e la sicurezza sul lavoro, l’organizzazione aziendale, la gestione delle risorse naturali e degli effetti sull’ambiente;
esterna: riguarda le comunità locali, i partner economici, i fornitori, i clienti, i consumatori, il rispetto dei diritti umani lungo tutta la filiera produttiva, e le preoccupazioni ambientali a livello mondiale.
La CSR è legata al concetto di “durata (nel tempo) dell’impresa”, al suo rapporto con tutti i soggetti economici, e non, con i quali interagisce e che possono condizionare la sua sopravvivenza (stakeholders).
L’impresa potrà essere accreditata nella società civile dimostrando di essere un “buon cittadino”, ottenendo fiducia e venendo accettata come partner affidabile nelle relazioni commerciali.
Il vocabolario della corporate governance propone un insieme di elementi ormai oggetto di ampia letteratura e qui riportati in rigido ordine alfabetico “internazionale” e con una rapida descrizione del significato prevalente dei termini:
Accountability – affidabilità dei dati di bilancio ed extra-bilancio
Board – composizione quantitativa e qualitativa dei c.d.a.
Business values – valori intrinseci all’oggetto sociale
Committees - comitati dedicati e indipendenti all’interno del board
Ethics – etica del business e della sua gestione
Market – comportamento sul mercato
Mission – missione istituzionale
Mitigation – contenimento e controllo dei rischi
Regulatory – applicazione delle regole generali e proprie
Roles – individuazione e gestione delle posizioni aziendali
Staff – comportamenti degli organi apicali e manageriali
Shareholders – gestione di tutti gli azionisti coinvolti e coinvolgibili
Stakeholders – gestione di tutti gli interlocutori dell’impresa
Team – gestione della squadra dei collaboratori aziendali
Vision – visione nel tempo della ragione di esistere dell’impresa
LA VISION DI INNOVABILITA 
La 4° rivoluzione industriale investe l'ecosistema agrifood correndo veloce come i dati con il 5G e si trasforma adattandosi ai diversi contesti economici e socio-culturali. Nel nostro Paese la digital transformation è stata avviata con difficoltà all'inizio del terzo millennio e ruoli come Chief Operations Officer e Responsabili IT solo da qualche anno dialogano con altri reparti delle grandi multinazionali della supply chain 4.0: per le PMI italiane sono ancora degli extraterrestri. L'emergenza che abbiamo incontrato segnerà profondamente le nostre vite e il nostro modo di fare impresa soprattuto nel settore FoodTech. La crisi della domanda si traduce in minori entrate nel 2020 e avrà ricadute sul percorso di sviluppo di artigiani e delle piccole imprese di tutta la catena di fornitura dell’agrifood. In questo periodo emergenziale molte aziende stanno riconvertendo la produzione anche grazie alle tecnologie 4.0: le soluzioni IoT e Cloud computing hanno permesso di sviluppare nuovi modelli digitalizzati di fare impresa 4.0. Le applicazioni 4.0 mostrano un notevole incremento rispetto al 2019: grande accelerazione di applicativi Cloud e Analytics nella Smart Supply Chain e innovative progettualità IoT legate all'agricoltura di precisione per lo sviluppo della Smart Factory. FATTORIE INTELLIGENTI è un modello di innovazone aperta e si presenta come un HUB sperimentale della “platform economy” allo scopo di innovare grazie a soluzione creative il sistema agrifood 4.0 italiano partendo dalla valorizzazione delle eccellenze agroalimentari della terra di Romagna premiate con una allestimento di un micro green-fab-lab per l'autoproduzione. Nel medio-lungo termine grazie ad un sentiment di mercato che guarda al digitale come ad una risorsa per il futuro e non più ad un ostacolo l'introduzione, ma Smart Technologies e la tecnologia DLT dimostreranno che la pandemia stia accelerando in modo esponenziale la trasformazione digitale della nostra economia, ancora oggi considerata una delle più arretrate digitalmente d'Europa. Il team di sviluppo di INNOVABILITA opera partendo dal valore della trasformazione digitale della supply chain per il settore agrifood perché i Cyber Physical System permetteranno di potenziare le capacità di monitoraggio, controllo e presa di decisioni dei sistemi produttivi e logistici grazie alle aumentate capacità di raccolta dati di invio i questi su piattaforme comuni in cloud interoperabili [pubblici e privati], di elaborazione dati, di analisi e ottimizzazione delle performance di interfaccia con gli altri operatori e i decisori di generazione automatica di azioni sul campo. Queste opportunità sono connaturate ai principi promossi dall'introduzione di Cyber Physical System [CPS] nel sistema produttivo logistico con l'utilizzo intensivo di connessione e coordinamento tra entità fisiche e software con capacità computazionali, per fruire di servizi avanzati di accesso e di processing dei dati. Ne consegue la necessità di un'architettura di controllo costituita da più layer di regolazione ad anello chiuso (closed-loop control) dove l'automazione industriale tradizionale, progettata con gli usuali vincoli di real-time e determinismo delle azioni è affiancata sempre più sia da processi di controllo supervisivo ed ottimizzazione in real-time near real-time sia da processi di ottimizzazione asincrona nella presa delle decisioni manageriali. Per questo motivo nei CPS le macchine classiche da passive si evolvono per essere capaci di comunicare, di raccogliere ed elaborare dati e di agire da ponte tra la realtà fisica (i.e. Lo spazio fisico) e quello virtuale (i.e. lo spazio cyber) nella quale risiedono sia modelli digitali per la simulazione del mondo fisico – in cui rientra il paradigma Digital Twin – sia algoritmi di analisi dati con l'Artificiale Intelligence, sia tecnologie di interfaccia uomo-macchina di ultima generazione (Advanced HMI) utilizzabili per una piena integrazione di oepratori e decisori di diversi layer dell'architettura di controllo. 
Questa visione paradigmatica che permette di supportare in maniera ottimale la presa di decisioni e, al tempo dell'infodemia, è da considerare un'opportunità fondamentale per avere garanzia di continuità delle operazioni lungo tutta la supply chain e di tutte le filiere logistiche superando l'idea che si debba presidiare sul posto fisicamente per effettuare certi tipi di decisioni/azioni. Per validare questo approccio innovativo sia di processo che tecnologico e rimarcare l'impatto del pieno sfruttamento di uno spazio cyber a stretto contatto con lo spazio fisico l'idea su cui si basa il programma FATTOREI INTELLIGNETE adotta la modalità open source dei Green Fab Lab applicando in varie forme e contesti agrifood l'estensione del paradigma CPS dall'ambiente industriale alla supply chain agroalimentare in particolare e grazie a modelli di “cooptation technology” integrata e resa disponibile per un ecosistema agrifood composto da Enti, Organismi certificatori, cooperative, aziende agricole, banche, associazione di categoria e associazioni che si occupano della sostenibilità e del benessere del nostro pianeta e sono interessati alla valorizzazione delle eccellenze agrifood e alla qualità dei frutti della nostra terra. In questa visione estesa i diversi processi fisici sono supportati con capacità di control e learning [in real-time, con visibility della Smart supply chain mediante algoritmi adattivi, per la mitigazione del rischio, e di modelling e analysis, per la descrizione, diagnosi, predizione e ottimizzazione delle performance. Il ruolo del Digital Twin mixata all'Artificial Intelligence e Advanced HMI con la tecnologia DLT e il supporto degli strumenti digitali di un Green Fab Lab sarà fondamentale per avviare una reale innovazione aperta in un quadro evolutivo per il presente/futuro dello SMART FARMING SYSTEM.
Approccio innovativo human to human
Un approccio “sistemico” ai programmi di innovazione aperta come quello che qui proponiamo consente di valorizzare al meglio le nuove tecnologie e quelle che verranno presto fornite dal web 3.0 attraverso una riprogrammazione pro-attiva dei ruoli e dell'organizzazione del lavoro. Per essere implementato tale approccio richiede che i progetti vengano inquadrati in ampi programmi di innovazione aperta e digitalizzazione delle “operations”, con una chiara visione condivisa strategica dei vantaggi competitivi e del ruolo fondamentale della persona nei processi operativi. Inoltre un ampio coinvolgimento di più funzioni e dipartimenti, soprattutto in area Operations e IT e di figure a diversi livelli gerarchici, è cruciale, così come il coinvolgimento degli attori della supply chain e degli utenti finali e non solo a livelli informativo, ma soprattutto ai fini di raccolta proposte di miglioramento alle sfide innovative. E' necessario oggi più che mai implementare – questo documento è una modalità - attraverso strumenti digitali un approccio ai progetti innovativi con una metodologia agile e di design thinking. Il change management è un asset strategico di questo cambiamento per la buona riuscita dell'innovazione aperta 4.0 con professionisti qualificati che si occupano di condividere questi temi a supporto del progetto green facendo leva su una nuova cultura aziendale di un ecosistema orientato al continuous improvement.
L'infodemia: cogliamo l'opportunità per la creazione di una “new maker economy”.
Negli ultimi mesi le aziende del settore agrifood si sono trovate davanti alla grande sfida di continuare a produrre garantendo le necessarie condizioni di sicurezza a seguito dell'emergenza sanitaria. Dal punto di vista organizzativo questo ha comportato un ripensamento spesso radicale delle modalità e dell'organizzazione del lavoro. Secondo noi per attuare una innovazione aperta costruttiva oggi sono necessari 4 elementi fondamentali:
1] la necessità di ridurre la presenza fisica dei lavoratori del settore agrifood laddove non è indispensabile: un processo accelerato che era ancora in fase precoce di “farming smart working” una flessibilità degli orari e dei luoghi di lavoro. Gli investimenti pregressi in tecnologie 4.0 si è rivelato un fattore abilitante per il trasferimento in remoto di molte attività e operazioni di controllo e supervisione e di intervento sulle macchine soprattutto per la manutenzione.
2] la necessità di gestire in modo dinamico e tempestivo le eventuali assenze causate da motivi di salute o rischio di contagio ha determinato l'importanza fondamentale di dotarsi di sistemi di workforce management fortemente integrati con sistemi informativi di produzione, al fine di gestire al meglio i turni di lavoro, scheduling delle attività produttive e condizioni di salute e sicurezza sul lavoro.
3] la nuova enfasi sulla salute e sicurezza sul lavoro ha evidenziato le opportunità derivanti dalle tecnologie 4.0 per la gestione efficiente ed efficace di questi aspetti e il loro supporto alle pratiche di gestione digitalizzata esistenti
4] le sfide di riconfigurazione di nuovi modelli di business, dei layout degli impianti e delle postazioni di lavoro, degli orari e dei turni sono state colte in modo più tempestivo da parte delle aziende che non solo avevano investito in modo più significativo in tecnologie 4.0 ma che le avevano anche integrate nei processi con approcci partecipativi dell'innovazione e al cambiamento, ponendo al centro l'utente e la persona. In questo contesto un approccio pro-attivo e collaborativo delle associazioni di categoria degli agricoltori, assieme agli operatori della supply chain e alla rete di innovatori e makers dei fablab italiani porre al centro di nuovi processi produttivi il benessere della persona può rappresentare un fattore fondamentale di successo nella riconversione dei sistemi alla “next economy”. La new Green Maker Economy.
Sostenibilità
Dal Green New Deal al new normal: ri-mettere al centro la sostenibilità in modo cooperativo. Era il 14 gennaio 2020 quando Ursula von der Leyen iniziava a far percorrere all’Europa la strada del Green New Deal. Un ingente ed ambizioso piano di investimenti orientato a mettere al centro dell’agenda europea la trasformazione delle economie degli Stati membri nella direzione della sostenibilità, con l’obiettivo di raggiungere l’impatto climatico zero entro il 2050. Una vera e propria rivoluzione ambientale, economica e sociale che avrebbe toccato tutta l’Europa facendo della sostenibilità non un vincolo da rispettare, ma un vero e proprio volano di sviluppo. Dal Green New Deal al new normal. Poi è arrivata l’infodemia, non un’epoca lontana. Qualcuno, all’inizio della crisi, condivideva l'hashtag #andratuttobene: altri, bollati come pessimisti, evidenziano come le possibilità che tutto potesse andar bene erano scarse. Oggi, con decine di migliaia di morti e un’economia al collasso, la voglia di cantare dai balconi è passata, e con essa l’idea che il coronavirus avrebbe rappresentato un incidente di percorso da lasciarsi rapidamente alle spalle. Ed ecco che il pensiero e la prospettiva del Green New Deal sono stati sostituiti dalle ansie per la ripartenza, e dal sospetto sempre più fondato che nulla sarà più come prima e che il coronavirus non abbia portato con sè “solo” decine di migliaia di morti, ma anche la necessità di ripensare profondamente molte delle dinamiche della nostra società. Il Green New Deal non rappresenta una prospettiva da accantonare, anzi oggi, per noi, dovrebbe far parte di ogni azione politica ed economica a lungo raggio. Oggi abbiamo l’opportunità di adottare questa visione in ogni azione pubblica, dalle scelte in politica sino a quelle di ogni singolo cittadino responsabile, delle istituzioni e delle aziende che fanno parte di un unico ecosistema dove poter  ripensare la nostra società dando il giusto significato a quel concetto di “new normal” che ha cominciato a farsi strada nel dibattito pubblico è attualmente si trova nella delicata fase in cui può ridursi all’ennesimo termine da prosciugare di significato nei confini di un dibattito da salotto oppure diventare una reale prospettiva di ripartenza
Non dobbiamo tornare alla normalità, ma costruirne una nuova attraverso un uso consapevole dei dati
Qualcuno pensa al “new normal” come un progressivo ritorno alla normalità. Ma al di là del fatto che la condizione economica mondiale, nei suoi effetti su processi che si consideravano consolidati, non lo permetterebbe, tornare di nuovo alla normalità sarebbe davvero un’occasione persa rispetto alla possibilità di sviluppare, in questa fase di ripartenza, una nuova normalità. Una nuova normalità che parta dalla consapevolezza che cambiare abitudini e comportamenti si può, e se lo abbiamo fatto in una condizione straordinaria per un evento imprevisto lo possiamo e lo dobbiamo fare per una situazione certamente non meno grave del Coronavirus, come quella dell’inquinamento e del cambiamento climatico. Condizione non meno grave, ma che – non presentando caratteri di emergenza percepiti come tali (i morti a causa dell’inquinamento - o degli agenti chimici contenuti in molti alimenti con effetti nocivi sul corpo umano - sono più silenziosi dei morti per il coronavirus) – non ha generato un cambiamento così significativo nei comportamenti delle persone e nelle strategie globali. Abbiamo la necessità di gestire e valutare in modo consapevole la mole di dati che condividiamo grazie al web 3.0
La sostenibilità molto forte non è sostenibile
Alla fiera dell’ovvio non sono mancati, in questi mesi, quanti hanno fatto notare come il blocco totale delle città, delle industrie, della produzione abbia generato effetti positivi sull’ambiente. E non è mancato chi ha approfittato del trionfo di La Palice per stigmatizzare il fatto che l’uomo abbia un impatto su clima ed ecosistema. In questi mesi abbiamo assistito al trionfo della banalità derivante dagli effetti più distorsivi di quella sostenibilità definita eco-centrica che già negli anni ’90 Robert Costanza definiva “molto forte” e che non ha prodotto effetti positivi nell’affrontare il tema della sostenibilità, creando un’opposizione insuperabile tra progresso e benessere. La nuova normalità che andremo a ricostruire, quindi, può e deve partire da questo. Può e deve partire da una rinnovata concezione del ruolo dell’essere umano nell’ecosistema e da 3 elementi di consapevolezza che dolenti o nolenti ci ha portato il coronavirus.
Primo elemento: cambiare si può. Anzi si deve
Si può fare. Siamo nelle condizioni di cambiare i nostri comportamenti, e se possiamo farlo in un’ottica emergenziale con grandi disagi, lo possiamo fare anche – e per di più con minori disagi – su tempi più lunghi e con impatti strutturali e sistematici. Questo vuol dire, ad esempio, che perseguire politiche energetiche orientate alla decarbonizzazione, non può prescindere da un’analisi dell’impatto sociale ed economico che avranno tali politiche sulla società. È questa la forza del Green New Deal della Von Der Leyen: disegnare la nuova normalità vorrà dire comprendere come mettere le strategie zero carbon ed economia circolare al centro dell’ecosistema garantendo nel contempo il benessere e lo sviluppo economico e sociale. Certo, dobbiamo volerlo, e per volerlo dobbiamo percepirne l’importanza e condividere alcuni aspetti di questo nuovo approccio.
Secondo elemento: il cambiamento deve essere sostenibile
Può sembrare un gioco di parole, ma il cambiamento nella direzione della sostenibilità deve essere a sua volta sostenibile. Oppure, sciogliendo il gioco di parole, la sostenibilità ambientale non può essere perseguita se non si garantiscono sostenibilità economica e sociale. È evidente che bloccare economia e società riduca gli impatti dell'inquinamento. Ma se per ridurre l’inquinamento si puntasse a precludere l’umanità, blindando in casa ed annichilendo la produzione, a ridursi non sarebbe solo l’inquinamento. Chiaramente quella che stiamo vivendo è una situazione estrema, ma evidenzia bene – come tutte le condizioni limite – gli effetti delle azioni e le loro conseguenze. Nel cambiamento dei comportamenti che sarà richiesto alle persone e degli imprenditori nella nuova normalità sarà fondamentale da una parte promuovere comportamenti sostenibili, dall’altra rendere il cambiamento accettabile e desiderabile. Diversamente c’è il rischio concreto che non sarà agito.
Terzo elemento: la sostenibilità digitale
Questi mesi hanno dimostrato il ruolo centrale del digitale nella quotidianità di milioni di persone. In tal senso il Coronavirus è stato un fortissimo catalizzatore nella penetrazione della tecnologia nella vita delle persone. Tuttavia, se il virus ci ha messo alla guida di un’automobile molto potente, non ci ha certo insegnato a guidarla. La confusione tra lavoro remoto e smartworking o quella tra teledidattica ed e-learning lo dimostrano. Fare della tecnologia una leva di cambiamento e uno strumento di crescita sostenibile, ossia agire nella direzione della sostenibilità digitale, diventa un elemento imprescindibile nel cammino verso quella nuova normalità che dovrebbe andare nella direzione del Green New Deal. Ma per farlo non basta che milioni di persone abbiano per la prima volta avuto accesso agli strumenti tecnologici: serve che quei milioni di nuovi utenti abbiano consapevolezza dei punti di forza e di debolezza di strumenti che, in ogni caso, cambieranno le loro vite e quella della “new economy”.
Verso un “nuovo” Green New Deal
Pochi programmi di sviluppo sono stati sfortunati come il Green New Deal di Ursula Von Der Leyen, reso obsoleto da uno sciagurato cigno nero e superato da una crisi che richiederà di ripensare interi modelli economici, oltre che la cura della salute di milioni di persone. Noi riteniamo che il Green New Deal trova in questa sciagura la sua più grande opportunità. Perché da nessuna parte è scritto che la nuova normalità che costruiremo dopo il coronavirus debba essere peggiore della precedente. Oggi dobbiamo ripensare la nostra normalità in un contesto in cui non possiamo escludere altri cigni neri e nel quale – anzi – la sfida è quella di disegnare una società che faccia della resilienza un reale principio di sviluppo e non uno slogan che, nel caso del Coronavirus, si è dimostrato ancora lontano dall’avere una reale dimensione di concretezza. Ma nulla toglie che, anche grazie alla lezione del coronavirus, non si comprenda davvero la necessità di costruire una normalità migliore di quella che abbiamo già inesorabilmente perso. Una normalità che sia resiliente e sostenibile, e che veda nella tecnologia uno strumento di sviluppo in grado di accompagnarci nel perseguimento degli obiettivi di un’Agenda 2030 che – seppure perfettibile – è e resta un riferimento importante al quale puntare ed uno strumento decisivo al quale riferirsi nella definizione di quelle scelte che si renderanno necessarie per la costruzione di un nuovo Green New Deal. Noi abbiamo deciso di puntare sull’applicazione di modelli di innovazione aperta nel settore agrifood per tornare a dar valore ai frutti della nostra terra.
Modelli di riferimento: l'esempio della blockchain pubblica della Regione Lombardia
Il primo esempio in Italia in cui la Pubblica Amministrazione introduce il protocollo blockchain per un uso pubblico per tracciare i prodotti provenienti dalla Regione Lombardia. Per esempio per un litro di latte si attraverso la scannerizzazione di un Qrcode con una APP scaricata sul proprio smartphone si potranno conoscere gli esiti dei sopralluoghi degli ispettori sanitari regionali presso gli allevamenti (uso di farmaci, sanità dei capi, igiene delle strutture, etc.) e presso gli impianti di trasformazione. Senza contare i controlli di società terze per quanto riguarda ad esempio il benessere animale. La piattaforma blockchain sviluppata da Aria, la società in house di Regione Lombardia per la trasformazione digitale, aggrega questi dati a quelli provenienti dalle aziende stesse (il Consorzio e la Cooperativa). Riprendendo l'esempio del litro di latte si potrà dunque sapere qual è l’allevamento che lo ha prodotto, dove si trova, le caratteristiche della materia prima e tanto altro ancora. E’ un mercato in cui si sta facendo strada l’esigenza di avere prodotti sicuri e genuini, autentici. Per rispondere alle esigenze di co-produttori di un modello di economia circolare - i cosiddetti consumatori della grande distribuzione - e offrire un nuovo strumento di comunicazione alle aziende, Regione Lombardia ha deciso di lanciare una propria blockchain per la tracciabilità dei prodotti agroalimentari. Si è partiti lo scorso anno con la carne del Consorzio lombardo produttori carne bovina e con il latte della Latteria Sociale Valtellina. I consumatori che troveranno questi prodotti nei supermercati potranno risalire alla storia della confezione semplicemente scansionando il QRcode stampato sull’etichetta intelligente dalla quale si potranno visualizzare pagine informative che conterranno i dati oggi in pancia alla pubblica amministrazione e alle aziende coinvolte nella filiera del latte.
Blockchain a servizio di consumatore e degli agricoltori
E' una strategia vincente perché valorizza i dati depositati su registri privati della Pubblica amministrazione e di aziende che fino a ieri erano inutilizzati. Le  informazioni sono a disposizione dei consumatori e la tracciabilità pubblica aiuta a cementare la fiducia in un settore delicato come quello agroalimentare. Per le aziende agricole e i piccoli agricoltori è una leva di marketing da utilizzare nei confronti del consumatore e anche del venditore di prodotti agricoli concorrente che non è per così dire “al passo con l'evoluzione della tecnologie della fiducia: la blockchain.
L'aspetto della certificazione del dato è un elemento che caratterizza tutto l'impianto. Ci troviamo infatti in un momento di grande proliferazione di blockchain private in cui la singola azienda si dota di questo strumento inserendo in prima persona i dati all’interno della piattaforma. Dati che tuttavia nessuno ha certificato come veri, ma che si basano sulla buona fede dell’operatore. Nel caso della blockchain, per esempio, di Regione Lombardia invece i dati inseriti, resi immutabili dalla blockchain, sono genuini e certificati dalla stessa Pubblica amministrazione, oppure dalle aziende che ritirano e lavorano le materie prime. Carne e latte rappresentano solo l’inizio perché dalla Regione vogliono estendere questa sperimentazione anche ad altre filiere. Ma non solo, è stata infatti lanciata una consultazione pubblica – modello di innovazione aperta - per tastare il polso del territorio riguardo alla tracciabilità agroalimentare tramite blockchain.
E tramite il portale di Open Innovation la Regione ha aperto la piattaforma a soggetti terzi interessati ad unirsi al programma L’obiettivo è quello di attirare aziende del territorio intenzionate a valorizzare le proprie produzioni offrendo una piattaforma su cui sviluppare i propri progetti di tracciabilità blockchain.
Il PoC sulla tracciabilità su blockchain dei grani antichi della Val Marecchia: un modello sostenibile
I programmi ambiziosi come quello di creare la blockchain che valorizza il lavoro degli agricoltori che producono eccellenze Made in Italy  non possono definirsi e concludersi senza la prova che le risorse utilizzate funzioneranno correttamente e porteranno a un ritorno. Il modo in cui si dimostra che un progetto basato sulla sperimentazione di innovazione aperta ha le potenzialità per essere portato a termine è quello che viene chiamato Proof of concept (POC): un investimento non sarà finanziato se non può offrire un ritorno, ma può essere condiviso il valore se sperimentato in un'ottica di innovazione aperta. Una prova di concetto (POC) è un primo esercizio, una realizzazione di bozza progettuale per tracciare un programma più complesso, testare l’idea di programma al fine di dimostrarne la fattibilità, coadiuvata in seguito da diversi strumenti come il prototipo, il pilot o l’MVP (Minimum Viable Product). La proposta di notarizzare i processi di lavorazione e dei dati della piccola distribuzione organizzata della filiera delle eccellenze della nostra Regione Emilia-Romagna nasce dalla esigenza di salvaguardare e valorizzare l’autenticità e la tracciabilità delle materie prime attraverso un'idea innovativa di sostenibilità e valorizzazione delle biodiversità delle eccellenze regionali attraverso la tecnologia DLT e la blockchain.
Cerchiamo partner di programma per la realizzazione di progetti di ricerca e sviluppo in partenariato con DISPENSO e altre realtà italiane nel settore edutech e foodtech per la divulgazione del concetto di autoproduzione e dell'open source e della stampa 3D e della creazione di filamenti a base di erbe aromatiche [HOPFIL a base degli scarti del luppolo], l'introduzione della stampante 3D come strumento di lavoro nelle cucine digitali 4.0 e della distribuzione italiana di FARMBOT sostenibili. Non possiamo occuparci di tutti gli aspetti e temi interdisciplinari che riguardano la sperimentazione che nasce dal basso e fuori dai centri di ricerca italiana classica.
_________________
Romagna 02.07.2020
Fabrizio Fantini
INNOVABILITA

Progetti correlati

Share by:
Innovazione aperta abilitante