Il rapporto uomo-natura è stato regolato per noi occidentali da due visioni del mondo: quella greca e quella giudaico-cristiana che, per quanto differenti tra loro, convenivano nell’escludere che la natura rientrasse nella sfera di pertinenza dell’etica, il cui ambito era limitato alla regolazione dei rapporti tra gli uomini senza alcuna estensione agli enti di natura. I greci concepivano la natura come quell’ordine immutabile, quell’orizzonte non oltrepassabile, quel limite insuperabile che nessuna azione umana poteva violare. Lo stesso Prometeo, l’inventore delle tecniche, non esita a riconoscere che «la tecnica è di gran lunga più debole della necessità che governa le leggi di natura».
Quando la cultura greca incrocia la cultura giudaico-cristiana lo scenario muta perché la religione biblica, concependo la natura come creatura di Dio, la pensa come effetto di una volontà: la volontà di Dio che l’ha creata e la volontà dell’uomo a cui la natura è stata data in consegna per il suo dominio. Da quel momento il significato della natura non è più "cosmologico" ma "antropologico". Essa, cioè, viene subordinata alle intenzioni della progettualità umana che, come vuole il programma della scienza moderna enunciato da Bacone (scientia est potentia), conosce per dominare. Il problema che oggi si pone è la "misura" di questo dominio, che già Sofocle paventava quando nell’Antigone scriveva: «La natura ha forze tremende, eppure, più dell’uomo, nulla è tremendo». Il rapporto tra uomo e natura non è mai stato idilliaco come tanta letteratura romantica vuol farci credere.
Anzi proprio per difendersi dalle forze della natura, l’uomo ha costruito la città, la cui funzione era di delimitare non di espandersi, di costruire una zona protetta per la comunità umana, regolata da leggi che ne garantissero la pacifica convivenza e con essa la sopravvivenza. La città, cinta da mura e separata dalla natura, costituiva l’unico e intero ambito della responsabilità umana, da cui era esclusa la natura in grado di provvedere a se stessa e se, opportunamente sollecitata, anche all’uomo. La morale nasce dunque all’interno della città con una visione assolutamente antropocentrica e circoscritta alla comunità umana. Non solo, ma la morale nata nella città a salvaguardia della comunità ivi raccolta aveva due altre caratteristiche che la rendevano idonea per quel tempo, ma assolutamente inidonea per il nostro tempo. La prima caratteristica era la "prossimità" di tale etica le cui norme si riferivano ad azioni umane di portata circoscritta, dal momento che riguardavano i rapporti diretti dell’uomo col suo prossimo, col suo vicino, percepito come amico o nemico, come superiore o subordinato, come più forte o più debole, e in tutti gli altri ruoli in cui gli uomini hanno a che fare reciprocamente. Al di fuori del cerchio ristretto della convivenza non si avvertiva alcuna altra responsabilità morale. La seconda caratteristica dell’etica, nata in quell’enclave della natura che erano le città, era la limitazione delle norme morali al puro "presente", a coloro che vivono ora e che avanzano pretese sul reciproco comportamento, in quanto ciascuno avverte di essere condizionato nella sua vita dalle azioni e dalle omissioni degli altri. Nessuno sguardo sul futuro, perché il tempo era lento e soprattutto ripeteva ritmicamente il suo ciclo. Questa etica, che dalle prime comunità umane a oggi è rimasta nei suoi principi fondamentalmente immutata, nell’età della tecnica rivela tutti i suoi limiti, ravvisabili proprio nelle sue caratteristiche che sono: il "primato antropologico", che percepisce la natura come un semplice mezzo al servizio dell’uomo concepito come fine a cui sono subordinate tutte le cose, e la "limitazione spazio-temporale" per cui quel che accade fuori dalle mura della città, o il futuro che oltrepassa la biografia dei suoi abitanti non sono avvertiti come qualcosa che investe o implica responsabilità etica.
Per effetto di questi limiti, oggi non disponiamo di un’etica che sia all’altezza dell’età della tecnica, la cui potenza ed espansione compromette la natura che non può più essere pensata, come ritenevano gli antichi, immutabile e immodificabile. La città degli uomini, infatti, che un tempo era uno spazio recintato nel mondo naturale, oggi ha preso il posto della natura, ridotta a spazio recintato nel mondo artificiale della città. Per effetto di questo capovolgimento oggi la natura può vivere solo grazie all’assistenza tecnica, la stessa che un giorno l’ha compromessa, modificando le condizioni d’esistenza del mondo umano e animale nel loro ricambio organico con la natura. Se guardiamo la monotonia di distese di cereali solcate da mietitrici solitarie e irrorate da antiparassitari erogati in volo, abbiamo un esempio elementare ma indicativo di come la tecnica, anche quando soccorre la natura, anche quando la "ipernaturalizza", in realtà la "denaturalizza", perché crea un paesaggio così poco ospitale e così poco comunicativo che persino una grande fabbrica offre un volto più umano. Se poi dal mondo vegetale passiamo a quello animale, l’estrema degradazione di esseri viventi trasformati in macchine da uova e da carne, sottratti al loro ambiente, sottoposti a illuminazione artificiale, alimentati automaticamente, deprivati sensorialmente, è la prova più evidente di come l’assistenza tecnica alla natura denaturi la natura e segni l’abissale distanza che ormai separa la tecnica dal suo antico radicamento naturale. Ma ormai anche la natura, per effetto dell’incremento demografico esponenziale, ha forse superato il suo limite biologico e, senza l’intervento della tecnica, non è in grado di provvedere alle sue stesse creature. La tecnica, a sua volta, si presenta come un soggetto ancora abbastanza sconosciuto, astorico, in se stesso non sufficientemente manifesto, e già mediatore di processi naturali, quando non catastrofici che, a differenza di quelli naturali, avvengono per l’incrocio casuale di movimenti retti da leggi che presiedono la loro regolarità ed efficienza fino all’imprevisto punto della loro intersezione. A questo punto l’etica di cui disponiamo, che assume l’uomo come fine di tutte le cose e che circoscrive la sua competenza alla regolazione dei rapporti tra gli uomini nel limite temporale delle loro biografie senza sporgere lo sguardo sulle generazioni future, è un’etica assolutamente inadeguata all’età della tecnica.
Il principio della morale kantiana: «Occorre trattare l’uomo sempre come un fine e mai come un mezzo», a parte che non si è mai realizzato, lascia in ogni caso intendere che, fatta eccezione per l’uomo, tutti gli enti di natura possono essere trattati come «mezzi». Ma oggi l’aria contaminata da agenti nocivi, l’acqua corrotta da elementi inquinanti, la vegetazione minacciata dalla desertificazione, la fauna in molte sue specie in estinzione, sono solo "mezzi" al servizio dell’uomo o devono a loro volta essere elevati a "fini" da salvaguardare e quindi da affidare alla cura e alla responsabilità morale dell’uomo? Come si vede l’etica di cui disponiamo, che, in conformità al messaggio biblico, ha subordinato tutti gli enti di natura all’uomo, non è un’etica adeguata alla salvaguardia della natura e quindi neanche dell’uomo, che ha nell’ambiente naturale la condizione imprescindibile della sua esistenza. Oggi, infatti, il pericolo non viene più, come un tempo, dalla natura, ma dal potere conseguito dall’uomo per dominarla in quella forma che, oltrepassando ogni misura, non si limita all’uso della terra, ma si spinge fino alla sua usura. Guardandola con gli occhi della tecnica, l’uomo visualizza la natura come semplice "materia prima", e persino se stesso come "materiale della tecnica", come i progressi della biologia e della genetica lasciano intendere, confermando l’intuizione di Heidegger che già nel 1951 scriveva che ormai «l’uomo non può più nascondersi il fatto di essere diventato la più importante delle materie prime». Per effetto del suo sviluppo incessante che non conosce confini o frontiere, per la cogenza dei suo imperativi che prevedono che si debba fare tutto ciò che si può fare, per la ricaduta globale delle sue conseguenze nello spazio e nel tempo, sempre al limite tra il progresso e la catastrofe, la tecnica non può più essere regolata dall’etica tradizionale, perché questa, essendo un’"etica della prossimità", dispone di norme che non oltrepassano le azioni umane circoscritte nello spazio e nel tempo, e soprattutto che non si fanno carico del futuro. Ma perché un’etica possa farsi carico del futuro sarebbe necessario che gli effetti della tecnica fossero prevedibili, perché se così non fosse, e di fatto non lo è (basti pensare agli effetti del riscaldamento del pianeta sulla biosfera, agli effetti degli organismi geneticamente modificati, agli effetti dell’impiego dell’energia nucleare) lo scenario che si dischiude non è più il potere dell’uomo sulla natura, ma il potere della tecnica sull’uomo e sulla natura. Oggi che il nostro "potere di fare" è enormemente superiore alla nostra "capacità di prevedere" gli effetti delle nostre ideazioni tecniche, per avvicinarci a un’etica che sia all’altezza della tecnica occorre recuperare quella virtù che i greci avevano attribuito a Prometeo, l’inventore delle tecniche, il cui nome significa letteralmente "colui che vede in anticipo". E’questa la capacità venuta meno all’uomo d’oggi, che non è più in grado di anticipare e forse nemmeno di immaginare gli effetti ultimi del suo fare. In questa inadeguatezza è il suo massimo rischio, così come nell’ampliamento della sua capacità di comprensione e di consapevolezza anche emotiva dello "smisurato" che lo attornia la sua flebile e unica speranza. #INNOVABILITA rappresenta un centro di ricerca autofinanziato che da anni cerca di sostenere una nuova etica, una algoritmo miscelata all’infraetica per generare nuovi modelle e modelli di una nuova cultura imprenditoriale dell’infosfera italiana-europea, che torni a far valere il nostro asset più potente della nostra recente storia italiana: la cultura. La crisi economica della Grecia è parte della crisi del debito sovrano europeo: era l’autunno del 2009 quando il neo-primo ministro Giōrgos Papandreou rivela pubblicamente che i bilanci economici trasmessi dai precedenti governi greci all'Unione europea erano stati falsificati con l'obiettivo di garantire l'ingresso della Grecia nella Zona Euro: un approccio “corrotto” nella gestione della cosa pubblica che ricorda l’'età ellenistica caratterizzata da importanti fattori che trasformarono, in modo sostanziale, la cultura, l'economia, la società e le istituzioni politiche greche. Se si immagina l'importanza che aveva assunto la polis all'interno della società e della storia greca, è lecito immaginare quale profondo sconvolgimento la crisi delle città apportò a tutta la cultura ellenica, perché tutto era stato definito in funzione della polis: l'economia, la struttura sociale, la libertà, la cultura, la religione, i valori morali, persino il rapporto fra gli individui con il mondo stesso. La polis cessa di essere un universo piccolo ma compiuto e autosufficiente. Politicamente la conseguenza più importante della rivoluzione alessandrina fu il cambiamento da un dominio politico della città-stato a quello delle grandi monarchie, fortemente accentrate intorno alla figura divinizzata del sovrano.
La trasformazione della compagine statale, in cui assumeva notevole rilievo la burocrazia, cui era concretamente affidata l'amministrazione dei regni ellenistici, fu accompagnata da una evoluzione economica e sociale. L'intensificazione del commercio tra i vari stati e le regioni orientali, la rifioritura dell'artigianato e l'incremento demografico apportarono un benessere economico che favorì la crescita di nuovi agglomerati urbani. Città come Alessandria, Antiochia di Siria, Pergamo e Laodicea diventarono non solo centri di produzione e di largo consumo, veri e propri mercati finanziari, ma anche luoghi di diffusione di cultura. L'urbanesimo fu infatti un fenomeno tipico dell'età ellenistica, cui fece riscontro una progressiva accentuazione dei privilegi della città rispetto alla campagna, dove si andavano affermando i latifondisti. Le trasformazioni sociopolitiche dell'età post-alessandrina ebbero notevoli ripercussioni sulla vita culturale ellenistica. Al declino della "polis" non fece da contraltare la nascita di organismi politici capaci di creare nuovi ideali: la trasformazione dei cittadini in sudditi, la coesistenza di genti diverse e l'impossibilità di partecipazione attiva al governo determinarono importanti mutamenti nella coscienza individuale e, di riflesso, nella vita culturale. Si diffuse infatti da un lato una tendenza sempre maggiore alla scoperta dell'individuo ed alla separazione tra etica e politica; dall'altro si attenuò la diffidenza nei confronti della diversità etnica e culturale, che favorì la diffusione dell'ideale cosmopolitico, dissolvendo l'antica equazione tra uomo e cittadino. Del clima di generale insicurezza e di una "fuga nel privato" che caratterizza questa età di sconvolgimenti politici, sociali e culturali, alla filosofia si chiedeva di rispondere a due interrogativi: da un lato una visione unitaria e complessiva del mondo, dall'altro lato una specie di "supplemento d'animo", ossia una parola di saggezza e di serenità capace di guidare la vita quotidiana degli individui. INNOVABILITA ricerca da oltre 8 anni di condividere questa visione di una ecologia interiore collettiva per la generazione di una nuova intelligenza economica collaborativa e cooperativa per la diffusione della cultura italiana attraverso l’uso più consapevole e “umanizzato” di tecnologie abilitanti e di strumenti digitali/virtuali.
In questo percorso di “ricerca di una nuova bellezza” viene assegnato un ruolo di unificazione e sublimazione educativamente molto significativo come per il periodo ellenico greco. Al centro dell’itinerario pedagogico ellenistico infatti si collega la formazione etica del carattere che si compie come cura di sé come autocontrollo, direzione di sé, sviluppo autoregolato, attraverso un dosaggio di piacere e rinunce e attraverso un esercizio spirituale che guarda alla creazione di un abito interiore che contrassegni la personalità del soggetto disponendola a controllare gli eventi, in modo che non vengano a turbare i processi di equilibrio interiore, per noi oggi in modo che la nostra ecologia interiore collettiva possa portare ad una reale sostenibilità rigenerativa.
Nell'ambito della cultura ellenistica la scienza raggiunse le più alte vette toccate nel mondo antico. Anche la scienza ellenistica subì una scissione repentina dal progetto politico e dai problemi sociali, è questo il periodo in cui nacque la figura dello scienziato di professione, dedito allo studio e alla ricerca. Il primato di questa temperie culturale spettò ad Alessandria, dove la Biblioteca ed il Museo attrassero tutti gli intellettuali greci dell'epoca, diventando un polo culturale di prima grandezza nel panorama del mondo allora conosciuto. La grande differenza che separa la scienza ellenistica da quella precedente sta nella nascita del metodo scientifico che permise di raggiungere un livello tecnologico pari a quello presente in Europa nel XVII secolo.
Oggi siamo all’alba di un nuovo mondo in Italia, in altri Stati dell’UE come il Belgio, l’Estonia e la Polonia la quarta rivoluzione è già avviata da molti anni, alcuni lo chiamano web 3.0 , metaverso, multiverso, internet of everywhere…, sta di fatto che l’Unione Europea sta studiando come regolamentare l’uso di questi modelle e modelli per la cogenerazione di Mercato Unico Digitale Europeo in funzione di una indipendenza tecnologica europea che sin dalla diffusione di internet non è mai stata presa in considerazione seria e costruttiva come in questi ultimi anni.
Il MiCA - Markets-in-Crypto-Assets Regulation - è solo un esempio delle future innovazioni che diventeranno standard europei, riferimento globale per i 27 Stati membri dell’Unione Europea, che comprendono una popolazione di circa 500 milioni di persone, quello che si la Commissione Europea ha definito il Mercato Unico Digitale Europeo. Gli obiettivi del MiCA sono quelli di creare un quadro regolamentare chiaro e armonizzato per le attività legate alle criptovalute nell'Unione Europea, vigilare sulle criptovalute e sui servizi ad esse correlati in modo tale da sostenere l'innovazione e garantire una stabilità finanziaria in Europa.
In questa fase di sperimentazione delle nuove tecnologie come gli algoritmi di l’intelligenza artificiale e machine learning e di linguaggio non lineare per la futura generazione di calcolatori superintelligenti e quantistici rappresentano la differenza più dirompente che separa la “scienza” da quella precedente, la nascita di una "scienza quantistica” che permetterà di raggiungere un livello tecnologico europeo che oggi possiamo solo immaginare, o prevedere grazie a simulazioni computazionali basate su dati attendibili, naturali [europei].
Trasformazione del paradigma economico-sociale
Frédéric Laloux, autore del libro autopubblicto “Reinventare le organizzazioni” propone una trasformazione radicale dal tipo di management insegnato nelle business school e adottando la nuova prospettiva delineata nel libro, oltre a tutte le pratiche quotidiane che sostengono questo cambiamento. Ci sono start-up tecnologiche, no-profit, istituti educativi, centri di ricerca, imprese di pulizia che adottano queste pratiche, aziende tipo BuurtZorg che spuntano in molti luoghi del Pianeta stanno davvero facendo proprie le idee del libro e stanno invitando le loro organizzazioni a muoversi in questa direzione. Naturalmente, reinventare organizzazioni così grandi richiede più tempo, ma i primi segnali sono molto promettenti, ma molte,soprattutto quelli quotati in borsa, non sono ancora pronti ad introdurre realmente questi processi rivoluzionari all'interno delle divisioni.
Le idee del libro sono ancora al di là di ciò che Wall Street è in grado di comprendere o accettare in questo momento, mentre le aziende private e le organizzazioni no-profit sono libere di trasformarsi in modo molto più aperto. Ciò che le persone menzionano più spesso, probabilmente perché è il cambiamento più evidente, sono i passi che stanno facendo verso l’autogestione. E come spesso accade con l’autogestione, i risultati possono essere stellari. I colleghi sbocciano, la redditività e la produttività vanno alle stelle. Gran parte dei giochi di potere e delle riunioni inutili semplicemente scompaiono. Nelle organizzazioni più grandi, ciò richiede più tempo. Le organizzazioni più grandi sono ancora nel mezzo della loro trasformazione. Ciò che queste organizzazioni stanno tentando non è aggiornare una particolare pratica di gestione, ma cambiare le basi stesse della loro gestione, e ciò richiede una prospettiva diversa, una visione del mondo diversa. Alcune persone si entusiasmano immediatamente, ma per altre la trasformazione organizzativa implica un viaggio reale e profondo di rivalutazione e crescita personale. E’ un movimento che fa accadere qualcosa in molti posti diversi e che nessuna di queste è pianificata o diretta. Ci sono tutte organizzazioni che stanno cambiando e ci sono anche molte persone che si riuniscono in giro per il mondo, da Sydney a Berlino all’Oregon, per discutere del libro e delle sue implicazioni. Ci sono comunità che si formano attorno al Capitalismo Consapevole, uLab, ResponsiveOrg, Holacracy, Sociocracy; in Francia c'è un movimento di entreprises libérées. C’è qualcosa nell’aria di cui Reinventing Organizations è parte catalizzatore, ma non per tutti. In passato un libro intitolato The Age of Heretics che racconta molte esperienze precedenti con forme di autogestione nel ventesimo secolo, non ha avuto la stessa “diffusione virale” grazie al web di oggi: ogni volta i risultati erano così spettacolari che qualcuno pensava: ecco fatto, questo è l'inizio di una rivoluzione. E poi non è successo molto. Il filosofo Richard Tarnas parla del “grembo culturale” che deve essere pronto affinché fioriscano nuovi pensieri. Noi di INNOVABILITA riteniamo che questa volta il grembo culturale sia finalmente pronto. Quando Semler pubblicò il suo libro, milioni di persone lo comprarono e migliaia vennero a visitare la sua azienda, Semco, per trovare ispirazione. Eppure, con sua frustrazione, la gente tornava a casa e non succedeva nulla, quasi nessuno ha adottato le sue pratiche.
Per qualche ragione, proprio adesso, ci sono improvvisamente centinaia, probabilmente migliaia, di organizzazioni che stanno facendo un passo coraggioso. siamo arrivati ad un “punto di non ritorno”, naturalmente, alcune di queste trasformazioni si bloccheranno o falliranno, ma molte altre porteranno a risultati meravigliosi. Ciò che fa sperare è che i “direttori di pensiero” che iniziano questo viaggio con le loro organizzazioni non lo fanno perché è attraente o perché sperano che possa rendere le loro organizzazioni più agili, innovative o di successo. Lo fanno per una ragione più semplice e profonda: non vogliono più gestire le loro organizzazioni in modo tradizionale, si agisce per un imperativo interiore e troverebbero molto difficile tornare al modello precedente.
Da una prospettiva evoluzionistica-teal, la domanda giusta non è: come possono tutti avere lo stesso potere? È piuttosto: come possono tutti essere potenti? Le organizzazioni verde acqua sono costruite come strutture di autorità distribuita in cui le persone hanno autonomia nel proprio dominio e sono ritenute responsabili del coordinamento con gli altri. Il potere non è distribuito dall’alto o da posizioni specifiche nelle gerarchie gestionali: queste aziende sono invece costruite sull’autogestione. Le relazioni tra pari, l’autodisciplina e le capacità di comunicazione sono molto importanti. C’è una diversa gestione dei processi gestionali nelle organizzazioni Teal:
Lotta per la completezza
Le organizzazioni verde acqua creano ambienti in cui le persone si sentono libere di essere se stesse. Questo è davvero rivoluzionario, perché finora le organizzazioni sono state luoghi in cui dovremmo indossare una maschera. Indossiamo una vestaglia o un'uniforme – e non siamo più noi stessi. Ma nelle organizzazioni Teal vieni trattato nella sua interezza. “Possiamo sentirci vulnerabili quando portiamo più di ciò che siamo nella nostra consapevolezza e nella comunità dei nostri colleghi. Ma una volta fatto, è come se la vita fosse passata dal bianco e nero al colore: diventa ricca, vibrante e significativa (Frederic Laloux, Reinventing Organizations).
L'integrità di un modello Teal (Technology Enhanced Active Learning ) apprendimento attivo abilitato attraverso la tecnologia avviene attraverso i seguenti processi:
Reclutamento: i colloqui non vengono gestiti dalle risorse umane e neppure da chatbot, ma da persone incaricate di cercare effettivamente un’altra persona con cui lavorare quotidianamente, per assicurarsi che il candidato sia adatto al posto.
Scopo evolutivo
Le organizzazioni verde acqua non riguardano la sopravvivenza, ma uno scopo. Ciò che conta è il valore aggiunto e la crescita personale dei dipendenti. Le organizzazioni verde acqua mirano a percepire ciò che il mondo chiede loro. Non si concentrano sui profitti ma, paradossalmente, superano i concorrenti. Non “gestiamo” l'organizzazione, nemmeno se ne siamo il fondatore o il titolare legale. Invece, siamo amministratori dell'organizzazione; siamo il veicolo che ascolta il profondo potenziale creativo dell'organizzazione per aiutarla a svolgere il suo lavoro nel mondo (Frederic Laloux, Reinventing Organizations). Quindi, come lavorano le organizzazioni Teal per raggiungere il loro scopo evolutivo?
Esempi di organizzazioni Teal
Per descrivere i fattori che distinguono le organizzazioni evolutive, Laloux ha selezionato 12 organizzazioni selezionando quelle che hanno applicato le pratiche di gestione più avanzate. Queste organizzazioni sono diverse: pubbliche, private a scopo di lucro e senza scopo di lucro, che operano nei settori della sanità, dell’istruzione e di altri settori.
Buurtzorg è un'organizzazione sanitaria con sede nei Paesi Bassi, che si è sbarazzata delle strategie di gestione tradizionali: composto da team autogestiti di 10-15 infermieri che servono 50 persone in un quartiere: infermieri responsabili dell'amministrazione, delle ferie, dell'assunzione dei pazienti e di altre funzioni importanti.
Non esiste un unico capo, gli infermieri del team stabiliscono le priorità, prendono decisioni e valutano i progressi. Raggiungere una soluzione significa che nessuno ha obiezioni. Il processo decisionale è un processo collettivo, non esiste nemmeno il middle management, ma ci sono gli allenatori intermedi, selezionati per le loro capacità di coaching. Le funzioni di staff sono svolte da un numero molto ristretto di persone. 7000 infermieri sono supportati da 30 persone nella sede centrale. Lo scopo di Buurtzorg è molto più che somministrare iniezioni e cambiare bende. Si tratta di aiutare gli anziani a vivere una vita piena.
FAVI è una fonderia di ottone in Francia. Questa società esiste su tre presupposti:
Nella FAVI esiste una meravigliosa pratica di costruzione della comunità: tutti vengono formati nelle competenze di prima linea, ciò significa che gli impiegati amministrativi e gli ingegneri sono stati formati per utilizzare almeno una macchina. Quindi, quando il tempo è limitato, gli impiegati scendono al primo piano per far funzionare una macchina per un paio d'ore.
Morning Star è un'azienda statunitense di lavorazione del pomodoro. Si fonda su due principi fondamentali:
L'azienda è interamente autogestita, non ci sono manager né gerarchie di potere fisse, ciò che conta è il capitale reputazionale, in base al valore che aggiungi puoi guadagnare il tuo status. I colleghi stipulano tra loro contratti: la cosiddetta “lettera d’intesa del collega”, un breve documento che specifica gli impegni che un dipendente ha assunto con altri dipendenti interessati dal loro lavoro.
Patagonia è un designer di abbigliamento e attrezzature outdoor per gli sport silenziosi (come lo sci, l'arrampicata e lo snowboard). L'azienda è molto rispettosa dell'ambiente e ha una cultura guidata dai valori, cercando di avere un impatto positivo sull'ambiente naturale. Nell'estate del 1994, l'azienda iniziò a sostituire tutto il cotone coltivato in modo convenzionale con quello biologico, era un rischio perché la materia prima costava tre volte di più, alla fine il loro programma si è rivelato finanziariamente vantaggioso e ha ispirato altri a fare lo stesso. Oltre al suo scopo evolutivo, la Patagonia incorpora altre pratiche Teal: le assunzioni vengono effettuate da colleghi e le iniziative sociali e ambientali possono essere avviate ovunque nell'organizzazione. Altri esempi di società Teal includono ESBZ, Heiligenfeld, RHD, Sounds True, Sun Hydraulics e Holacracy. Secondo Laloux, ci sono due condizioni necessarie che determinano se un’azienda può evolversi in un’organizzazione Teal evolutiva:
Per trasformare le organizzazioni già esistenti in aziende Teal, Laloux consiglia di lavorare sui tre pilastri del paradigma di gestione Teal: autogestione, integrità e scopo:
Introdurre l'autogestione
I lavoratori in prima linea molto probabilmente accoglieranno favorevolmente il cambiamento di auto-organizzazione. Allo stesso tempo, le persone in posizioni di potere, come i quadri intermedi, resisteranno al cambiamento. Il cambiamento significherà che dovranno lasciare il loro potere. Per creare una nuova struttura organizzativa basata sull’autogestione si può adottare uno dei due metodi:
Introdurre l'integrità
Spiegare perché l'integrità è importante sul posto di lavoro. Quindi incorporare pratiche di integrità nel lavoro quotidiano, ad esempio stabilire regole per un luogo sicuro, riunioni e processi di onboarding.
Introdurre lo scopo evolutivo
Pensare a cosa vuole essere la nostra organizzazione, non a cosa dovrebbe essere. Lo scopo deve essere al centro del processo decisionale. In qualità di responsabile parla ripetutamente dello scopo. Nella società moderna coesistono tutti i tipi di organizzazioni: rossa, ambra, arancione, verde e verde acqua. Tuttavia, possiamo abbracciare il cambiamento e provare a creare imprese più innovative, propositive e piene di sentimento. Team autogestiti, cultura guidata dai valori, autorità distribuita e un senso più profondo del lavoro: questi sono i principi fondamentali della gestione Teal.
Holacracy è un framework di gestione modulare confezionato per una distribuzione più rapida molto in linea con il nostro modello originale che abbiamo definito “ECOSISTEMA BIOLONICO”. In questo movimento dettato dagli spunti resi celebri dal libro “Reinventing Organizations” di Frederic Laloux il nostro framework dell’ECOSISTEMA BIOLONICO è molto in linea con l’approccio dell’”OLOCRAZIA”. Infatti anche l Brian J. Robertson, fondatore dell'”Holacrazy” dichiara che non esiste un modo per adottare il quadro dell’olocrazia in azienda ma esistono tanti approcci quante sono le organizzazioni: è un framework che personalizzare il piano di implementazione in base al contesto specifico per ridurre al minimo le interruzioni interne. Adottare Holacracy non è qualcosa che si improvvisa, va supportato con l'aiuto di un Coach di Holacracy esterno.
https://www.innovabilita.it/ecosistema-biolonico
Lettera aperta ad un ascoltatore attento.
A Sergio
26.11.2023
All’alba di un nuovo mondo abbiamo bisogno di nuovi modelli e modelle. Quello che la maggior parte degli “intraprenditrici” e "intraprenditori" italiani hanno perso negli ultimi anni è il "valore del tempo” nell'era della tecnica dove tutto è funzionale ad un ordine superiore delle azioni e del pensiero umano. Il rapporto uomo-natura è stato regolato per noi occidentali da due visioni del mondo: quella greca e quella giudaico-cristiana che, per quanto differenti tra loro, convenivano nell’escludere che la natura rientrasse nella sfera di pertinenza dell’etica, il cui ambito era limitato alla regolazione dei rapporti tra gli uomini senza alcuna estensione agli enti di natura. I greci concepivano la natura come quell’ordine immutabile, quell’orizzonte non oltrepassabile, quel limite insuperabile che nessuna azione umana poteva violare. Lo stesso Prometeo, l’inventore delle tecniche, non esita a riconoscere che «la tecnica è di gran lunga più debole della necessità che governa le leggi di natura». Quando la cultura greca incrocia la cultura giudaico-cristiana lo scenario muta perché la religione biblica, concependo la natura come creatura di Dio, la pensa come effetto di una volontà: la volontà di Dio che l’ha creata e la volontà dell’uomo a cui la natura è stata data in consegna per il suo dominio. Da quel momento il significato della natura non è più "cosmologico" ma "antropologico". Essa, cioè, viene subordinata alle intenzioni della progettualità umana che, come vuole il programma della scienza moderna enunciato da Bacone (scientia est potentia), conosce per dominare. Il problema che oggi si pone è la "misura" di questo dominio, che già Sofocle paventava quando nell’Antigone scriveva: «La natura ha forze tremende, eppure, più dell’uomo, nulla è tremendo». Il rapporto tra uomo e natura non è mai stato idilliaco come tanta letteratura romantica vuol farci credere.
Anzi proprio per difendersi dalle forze della natura, l’uomo ha costruito la città, la cui funzione era di delimitare non di espandersi, di costruire una zona protetta per la comunità umana, regolata da leggi che ne garantissero la pacifica convivenza e con essa la sopravvivenza. La città, cinta da mura e separata dalla natura, costituiva l’unico e intero ambito della responsabilità umana, da cui era esclusa la natura in grado di provvedere a se stessa e se, opportunamente sollecitata, anche all’uomo. La morale nasce dunque all’interno della città con una visione assolutamente antropocentrica e circoscritta alla comunità umana. Non solo, ma la morale nata nella città a salvaguardia della comunità ivi raccolta aveva due altre caratteristiche che la rendevano idonea per quel tempo, ma assolutamente inidonea per il nostro tempo. La prima caratteristica era la "prossimità" di tale etica le cui norme si riferivano ad azioni umane di portata circoscritta, dal momento che riguardavano i rapporti diretti dell’uomo col suo prossimo, col suo vicino, percepito come amico o nemico, come superiore o subordinato, come più forte o più debole, e in tutti gli altri ruoli in cui gli uomini hanno a che fare reciprocamente. Al di fuori del cerchio ristretto della convivenza non si avvertiva alcuna altra responsabilità morale. La seconda caratteristica dell’etica, nata in quell’enclave della natura che erano le città, era la limitazione delle norme morali al puro "presente", a coloro che vivono ora e che avanzano pretese sul reciproco comportamento, in quanto ciascuno avverte di essere condizionato nella sua vita dalle azioni e dalle omissioni degli altri. Nessuno sguardo sul futuro, perché il tempo era lento e soprattutto ripeteva ritmicamente il suo ciclo. Questa etica, che dalle prime comunità umane a oggi è rimasta nei suoi principi fondamentalmente immutata, nell’età della tecnica rivela tutti i suoi limiti, ravvisabili proprio nelle sue caratteristiche che sono: il "primato antropologico", che percepisce la natura come un semplice mezzo al servizio dell’uomo concepito come fine a cui sono subordinate tutte le cose, e la "limitazione spazio-temporale" per cui quel che accade fuori dalle mura della città, o il futuro che oltrepassa la biografia dei suoi abitanti non sono avvertiti come qualcosa che investe o implica responsabilità etica.
Per effetto di questi limiti, oggi non disponiamo di un’etica che sia all’altezza dell’età della tecnica, la cui potenza ed espansione compromette la natura che non può più essere pensata, come ritenevano gli antichi, immutabile e immodificabile. La città degli uomini, infatti, che un tempo era uno spazio recintato nel mondo naturale, oggi ha preso il posto della natura, ridotta a spazio recintato nel mondo artificiale della città. Per effetto di questo capovolgimento oggi la natura può vivere solo grazie all’assistenza tecnica, la stessa che un giorno l’ha compromessa, modificando le condizioni d’esistenza del mondo umano e animale nel loro ricambio organico con la natura. Se guardiamo la monotonia di distese di cereali solcate da mietitrici solitarie e irrorate da antiparassitari erogati in volo, abbiamo un esempio elementare ma indicativo di come la tecnica, anche quando soccorre la natura, anche quando la "ipernaturalizza", in realtà la "denaturalizza", perché crea un paesaggio così poco ospitale e così poco comunicativo che persino una grande fabbrica offre un volto più umano. Se poi dal mondo vegetale passiamo a quello animale, l’estrema degradazione di esseri viventi trasformati in macchine da uova e da carne, sottratti al loro ambiente, sottoposti a illuminazione artificiale, alimentati automaticamente, deprivati sensorialmente, è la prova più evidente di come l’assistenza tecnica alla natura denaturi la natura e segni l’abissale distanza che ormai separa la tecnica dal suo antico radicamento naturale. Ma ormai anche la natura, per effetto dell’incremento demografico esponenziale, ha forse superato il suo limite biologico e, senza l’intervento della tecnica, non è in grado di provvedere alle sue stesse creature. La tecnica, a sua volta, si presenta come un soggetto ancora abbastanza sconosciuto, astorico, in se stesso non sufficientemente manifesto, e già mediatore di processi naturali, quando non catastrofici che, a differenza di quelli naturali, avvengono per l’incrocio casuale di movimenti retti da leggi che presiedono la loro regolarità ed efficienza fino all’imprevisto punto della loro intersezione. A questo punto l’etica di cui disponiamo, che assume l’uomo come fine di tutte le cose e che circoscrive la sua competenza alla regolazione dei rapporti tra gli uomini nel limite temporale delle loro biografie senza sporgere lo sguardo sulle generazioni future, è un’etica assolutamente inadeguata all’età della tecnica.
Il principio della morale kantiana: «Occorre trattare l’uomo sempre come un fine e mai come un mezzo», a parte che non si è mai realizzato, lascia in ogni caso intendere che, fatta eccezione per l’uomo, tutti gli enti di natura possono essere trattati come «mezzi». Ma oggi l’aria contaminata da agenti nocivi, l’acqua corrotta da elementi inquinanti, la vegetazione minacciata dalla desertificazione, la fauna in molte sue specie in estinzione, sono solo "mezzi" al servizio dell’uomo o devono a loro volta essere elevati a "fini" da salvaguardare e quindi da affidare alla cura e alla responsabilità morale dell’uomo? Come si vede l’etica di cui disponiamo, che, in conformità al messaggio biblico, ha subordinato tutti gli enti di natura all’uomo, non è un’etica adeguata alla salvaguardia della natura e quindi neanche dell’uomo, che ha nell’ambiente naturale la condizione imprescindibile della sua esistenza. Oggi, infatti, il pericolo non viene più, come un tempo, dalla natura, ma dal potere conseguito dall’uomo per dominarla in quella forma che, oltrepassando ogni misura, non si limita all’uso della terra, ma si spinge fino alla sua usura. Guardandola con gli occhi della tecnica, l’uomo visualizza la natura come semplice "materia prima", e persino se stesso come "materiale della tecnica", come i progressi della biologia e della genetica lasciano intendere, confermando l’intuizione di Heidegger che già nel 1951 scriveva che ormai «l’uomo non può più nascondersi il fatto di essere diventato la più importante delle materie prime». Per effetto del suo sviluppo incessante che non conosce confini o frontiere, per la cogenza dei suo imperativi che prevedono che si debba fare tutto ciò che si può fare, per la ricaduta globale delle sue conseguenze nello spazio e nel tempo, sempre al limite tra il progresso e la catastrofe, la tecnica non può più essere regolata dall’etica tradizionale, perché questa, essendo un’"etica della prossimità", dispone di norme che non oltrepassano le azioni umane circoscritte nello spazio e nel tempo, e soprattutto che non si fanno carico del futuro. Ma perché un’etica possa farsi carico del futuro sarebbe necessario che gli effetti della tecnica fossero prevedibili, perché se così non fosse, e di fatto non lo è (basti pensare agli effetti del riscaldamento del pianeta sulla biosfera, agli effetti degli organismi geneticamente modificati, agli effetti dell’impiego dell’energia nucleare) lo scenario che si dischiude non è più il potere dell’uomo sulla natura, ma il potere della tecnica sull’uomo e sulla natura. Oggi che il nostro "potere di fare" è enormemente superiore alla nostra "capacità di prevedere" gli effetti delle nostre ideazioni tecniche, per avvicinarci a un’etica che sia all’altezza della tecnica occorre recuperare quella virtù che i greci avevano attribuito a Prometeo, l’inventore delle tecniche, il cui nome significa letteralmente "colui che vede in anticipo". E’questa la capacità venuta meno all’uomo d’oggi, che non è più in grado di anticipare e forse nemmeno di immaginare gli effetti ultimi del suo fare. In questa inadeguatezza è il suo massimo rischio, così come nell’ampliamento della sua capacità di comprensione e di consapevolezza anche emotiva dello "smisurato" che lo attornia la sua flebile e unica speranza.
INNOVABILTIA rappresenta un centro di ricerca autofinanziato che da anni cerca di sostenere una nuova etica, una algoritmo miscelata all’infraetica per generare nuovi modelle e modelli di una nuova cultura imprenditoriale dell’infosfera italiana-europea, che torni a far valere il nostro asset più potente della nostra recente storia italiana: la cultura. La crisi economica della Grecia è parte della crisi del debito sovrano europeo: era l’autunno del 2009 quando il neo-primo ministro Giōrgos Papandreou rivela pubblicamente che i bilanci economici trasmessi dai precedenti governi greci all'Unione europea erano stati falsificati con l'obiettivo di garantire l'ingresso della Grecia nella Zona Euro: un approccio “corrotto” nella gestione della cosa pubblica che ricorda l’'età ellenistica caratterizzata da importanti fattori che trasformarono, in modo sostanziale, la cultura, l'economia, la società e le istituzioni politiche greche. Se si immagina l'importanza che aveva assunto la polis all'interno della società e della storia greca, è lecito immaginare quale profondo sconvolgimento la crisi delle città apportò a tutta la cultura ellenica, perché tutto era stato definito in funzione della polis: l'economia, la struttura sociale, la libertà, la cultura, la religione, i valori morali, persino il rapporto fra gli individui con il mondo stesso. La polis cessa di essere un universo piccolo ma compiuto e autosufficiente. Politicamente la conseguenza più importante della rivoluzione alessandrina fu il cambiamento da un dominio politico della città-stato a quello delle grandi monarchie, fortemente accentrate intorno alla figura divinizzata del sovrano.
La trasformazione della compagine statale, in cui assumeva notevole rilievo la burocrazia, cui era concretamente affidata l'amministrazione dei regni ellenistici, fu accompagnata da una evoluzione economica e sociale. L'intensificazione del commercio tra i vari stati e le regioni orientali, la rifioritura dell'artigianato e l'incremento demografico apportarono un benessere economico che favorì la crescita di nuovi agglomerati urbani. Città come Alessandria, Antiochia di Siria, Pergamo e Laodicea diventarono non solo centri di produzione e di largo consumo, veri e propri mercati finanziari, ma anche luoghi di diffusione di cultura. L'urbanesimo fu infatti un fenomeno tipico dell'età ellenistica, cui fece riscontro una progressiva accentuazione dei privilegi della città rispetto alla campagna, dove si andavano affermando i latifondisti. Le trasformazioni sociopolitiche dell'età post-alessandrina ebbero notevoli ripercussioni sulla vita culturale ellenistica. Al declino della "polis" non fece da contraltare la nascita di organismi politici capaci di creare nuovi ideali: la trasformazione dei cittadini in sudditi, la coesistenza di genti diverse e l'impossibilità di partecipazione attiva al governo determinarono importanti mutamenti nella coscienza individuale e, di riflesso, nella vita culturale. Si diffuse infatti da un lato una tendenza sempre maggiore alla scoperta dell'individuo ed alla separazione tra etica e politica; dall'altro si attenuò la diffidenza nei confronti della diversità etnica e culturale, che favorì la diffusione dell'ideale cosmopolitico, dissolvendo l'antica equazione tra uomo e cittadino. Del clima di generale insicurezza e di una "fuga nel privato" che caratterizza questa età di sconvolgimenti politici, sociali e culturali, alla filosofia si chiedeva di rispondere a due interrogativi: da un lato una visione unitaria e complessiva del mondo, dall'altro lato una specie di "supplemento d'animo", ossia una parola di saggezza e di serenità capace di guidare la vita quotidiana degli individui. INNOVABILITA ricerca da oltre 8 anni di condividere questa visione di una ecologia interiore collettiva per la generazione di una nuova intelligenza economica collaborativa e cooperativa per la diffusione della cultura italiana attraverso l’uso più consapevole e “umanizzato” di tecnologie abilitanti e di strumenti digitali/virtuali.
In questo percorso di “ricerca di una nuova bellezza” viene assegnato un ruolo di unificazione e sublimazione educativamente molto significativo come per il periodo ellenico greco. Al centro dell’itinerario pedagogico ellenistico infatti si collega la formazione etica del carattere che si compie come cura di sé come autocontrollo, direzione di sé, sviluppo autoregolato, attraverso un dosaggio di piacere e rinunce e attraverso un esercizio spirituale che guarda alla creazione di un abito interiore che contrassegni la personalità del soggetto disponendola a controllare gli eventi, in modo che non vengano a turbare i processi di equilibrio interiore, per noi oggi in modo che la nostra ecologia interiore collettiva possa portare ad una reale sostenibilità rigenerativa.
Nell'ambito della cultura ellenistica la scienza raggiunse le più alte vette toccate nel mondo antico. Anche la scienza ellenistica subì una scissione repentina dal progetto politico e dai problemi sociali, è questo il periodo in cui nacque la figura dello scienziato di professione, dedito allo studio e alla ricerca. Il primato di questa temperie culturale spettò ad Alessandria, dove la Biblioteca ed il Museo attrassero tutti gli intellettuali greci dell'epoca, diventando un polo culturale di prima grandezza nel panorama del mondo allora conosciuto. La grande differenza che separa la scienza ellenistica da quella precedente sta nella nascita del metodo scientifico che permise di raggiungere un livello tecnologico pari a quello presente in Europa nel XVII secolo.
Oggi siamo all’alba di un nuovo mondo in Italia, in altri Stati dell’UE come il Belgio, l’Estonia e la Polonia la quarta rivoluzione è già avviata da molti anni, alcuni lo chiamano web 3.0 , metaverso, multiverso, internet of everywhere…, sta di fatto che l’Unione Europea sta studiando come regolamentare l’uso di questi modelle e modelli per la cogenerazione di Mercato Unico Digitale Europeo in funzione di una indipendenza tecnologica europea che sin dalla diffusione di internet non è mai stata presa in considerazione seria e costruttiva come in questi ultimi anni.
Il MiCA - Markets-in-Crypto-Assets Regulation - è solo un esempio delle future innovazioni che diventeranno standard europei, riferimento globale per i 27 Stati membri dell’Unione Europea, che comprendono una popolazione di circa 500 milioni di persone, quello che si la Commissione Europea ha definito il Mercato Unico Digitale Europeo. Gli obiettivi del MiCA sono quelli di creare un quadro regolamentare chiaro e armonizzato per le attività legate alle criptovalute nell'Unione Europea, vigilare sulle criptovalute e sui servizi ad esse correlati in modo tale da sostenere l'innovazione e garantire una stabilità finanziaria in Europa.
In questa fase di sperimentazione delle nuove tecnologie come gli algoritmi di l’intelligenza artificiale e machine learning e di linguaggio non lineare per la futura generazione di calcolatori superintelligenti e quantistici rappresentano la differenza più dirompente che separa la “scienza” da quella precedente, la nascita di una "scienza quantistica” che permetterà di raggiungere un livello tecnologico europeo che oggi possiamo solo immaginare, o prevedere grazie a simulazioni computazionali basate su dati attendibili, naturali [europei].
Trasformazione del paradigma economico-sociale
Frédéric Laloux, autore del libro autopubblicto “Reinventare le organizzazioni” propone una trasformazione radicale dal tipo di management insegnato nelle business school e adottando la nuova prospettiva delineata nel libro, oltre a tutte le pratiche quotidiane che sostengono questo cambiamento. Ci sono start-up tecnologiche, no-profit, istituti educativi, centri di ricerca, imprese di pulizia che adottano queste pratiche, aziende tipo BuurtZorg che spuntano in molti luoghi del Pianeta stanno davvero facendo proprie le idee del libro e stanno invitando le loro organizzazioni a muoversi in questa direzione. Naturalmente, reinventare organizzazioni così grandi richiede più tempo, ma i primi segnali sono molto promettenti, ma molte,soprattutto quelli quotati in borsa, non sono ancora pronti ad introdurre realmente questi processi rivoluzionari all'interno delle divisioni.
Le idee del libro sono ancora al di là di ciò che Wall Street è in grado di comprendere o accettare in questo momento, mentre le aziende private e le organizzazioni no-profit sono libere di trasformarsi in modo molto più aperto. Ciò che le persone menzionano più spesso, probabilmente perché è il cambiamento più evidente, sono i passi che stanno facendo verso l’autogestione. E come spesso accade con l’autogestione, i risultati possono essere stellari. I colleghi sbocciano, la redditività e la produttività vanno alle stelle. Gran parte dei giochi di potere e delle riunioni inutili semplicemente scompaiono. Nelle organizzazioni più grandi, ciò richiede più tempo. Le organizzazioni più grandi sono ancora nel mezzo della loro trasformazione. Ciò che queste organizzazioni stanno tentando non è aggiornare una particolare pratica di gestione, ma cambiare le basi stesse della loro gestione, e ciò richiede una prospettiva diversa, una visione del mondo diversa. Alcune persone si entusiasmano immediatamente, ma per altre la trasformazione organizzativa implica un viaggio reale e profondo di rivalutazione e crescita personale. E’ un movimento che fa accadere qualcosa in molti posti diversi e che nessuna di queste è pianificata o diretta. Ci sono tutte organizzazioni che stanno cambiando e ci sono anche molte persone che si riuniscono in giro per il mondo, da Sydney a Berlino all’Oregon, per discutere del libro e delle sue implicazioni. Ci sono comunità che si formano attorno al Capitalismo Consapevole, uLab, ResponsiveOrg, Holacracy, Sociocracy; in Francia c'è un movimento di entreprises libérées. C’è qualcosa nell’aria di cui Reinventing Organizations è parte catalizzatore, ma non per tutti. In passato un libro intitolato The Age of Heretics che racconta molte esperienze precedenti con forme di autogestione nel ventesimo secolo, non ha avuto la stessa “diffusione virale” grazie al web di oggi: ogni volta i risultati erano così spettacolari che qualcuno pensava: ecco fatto, questo è l'inizio di una rivoluzione. E poi non è successo molto. Il filosofo Richard Tarnas parla del “grembo culturale” che deve essere pronto affinché fioriscano nuovi pensieri. Noi di INNOVABILITA riteniamo che questa volta il grembo culturale sia finalmente pronto. Quando Semler pubblicò il suo libro, milioni di persone lo comprarono e migliaia vennero a visitare la sua azienda, Semco, per trovare ispirazione. Eppure, con sua frustrazione, la gente tornava a casa e non succedeva nulla, quasi nessuno ha adottato le sue pratiche.
Per qualche ragione, proprio adesso, ci sono improvvisamente centinaia, probabilmente migliaia, di organizzazioni che stanno facendo un passo coraggioso. siamo arrivati ad un “punto di non ritorno”, naturalmente, alcune di queste trasformazioni si bloccheranno o falliranno, ma molte altre porteranno a risultati meravigliosi. Ciò che fa sperare è che i “direttori di pensiero” che iniziano questo viaggio con le loro organizzazioni non lo fanno perché è attraente o perché sperano che possa rendere le loro organizzazioni più agili, innovative o di successo. Lo fanno per una ragione più semplice e profonda: non vogliono più gestire le loro organizzazioni in modo tradizionale, si agisce per un imperativo interiore e troverebbero molto difficile tornare al modello precedente.
Da una prospettiva evoluzionistica-teal, la domanda giusta non è: come possono tutti avere lo stesso potere? È piuttosto: come possono tutti essere potenti? Le organizzazioni verde acqua sono costruite come strutture di autorità distribuita in cui le persone hanno autonomia nel proprio dominio e sono ritenute responsabili del coordinamento con gli altri. Il potere non è distribuito dall’alto o da posizioni specifiche nelle gerarchie gestionali: queste aziende sono invece costruite sull’autogestione. Le relazioni tra pari, l’autodisciplina e le capacità di comunicazione sono molto importanti. C’è una diversa gestione dei processi gestionali nelle organizzazioni Teal:
Lotta per la completezza
Le organizzazioni verde acqua creano ambienti in cui le persone si sentono libere di essere se stesse. Questo è davvero rivoluzionario, perché finora le organizzazioni sono state luoghi in cui dovremmo indossare una maschera. Indossiamo una vestaglia o un'uniforme – e non siamo più noi stessi. Ma nelle organizzazioni Teal vieni trattato nella sua interezza. “Possiamo sentirci vulnerabili quando portiamo più di ciò che siamo nella nostra consapevolezza e nella comunità dei nostri colleghi. Ma una volta fatto, è come se la vita fosse passata dal bianco e nero al colore: diventa ricca, vibrante e significativa (Frederic Laloux, Reinventing Organizations).
L'integrità di un modello Teal (Technology Enhanced Active Learning ) apprendimento attivo abilitato attraverso la tecnologia avviene attraverso i seguenti processi:
Reclutamento: i colloqui non vengono gestiti dalle risorse umane e neppure da chatbot, ma da persone incaricate di cercare effettivamente un’altra persona con cui lavorare quotidianamente, per assicurarsi che il candidato sia adatto al posto.
Scopo evolutivo
Le organizzazioni verde acqua non riguardano la sopravvivenza, ma uno scopo. Ciò che conta è il valore aggiunto e la crescita personale dei dipendenti. Le organizzazioni verde acqua mirano a percepire ciò che il mondo chiede loro. Non si concentrano sui profitti ma, paradossalmente, superano i concorrenti. Non “gestiamo” l'organizzazione, nemmeno se ne siamo il fondatore o il titolare legale. Invece, siamo amministratori dell'organizzazione; siamo il veicolo che ascolta il profondo potenziale creativo dell'organizzazione per aiutarla a svolgere il suo lavoro nel mondo (Frederic Laloux, Reinventing Organizations). Quindi, come lavorano le organizzazioni Teal per raggiungere il loro scopo evolutivo?
Esempi di organizzazioni Teal
Per descrivere i fattori che distinguono le organizzazioni evolutive, Laloux ha selezionato 12 organizzazioni selezionando quelle che hanno applicato le pratiche di gestione più avanzate. Queste organizzazioni sono diverse: pubbliche, private a scopo di lucro e senza scopo di lucro, che operano nei settori della sanità, dell’istruzione e di altri settori.
Buurtzorg è un'organizzazione sanitaria con sede nei Paesi Bassi, che si è sbarazzata delle strategie di gestione tradizionali: composto da team autogestiti di 10-15 infermieri che servono 50 persone in un quartiere: infermieri responsabili dell'amministrazione, delle ferie, dell'assunzione dei pazienti e di altre funzioni importanti.
Non esiste un unico capo, gli infermieri del team stabiliscono le priorità, prendono decisioni e valutano i progressi. Raggiungere una soluzione significa che nessuno ha obiezioni. Il processo decisionale è un processo collettivo, non esiste nemmeno il middle management, ma ci sono gli allenatori intermedi, selezionati per le loro capacità di coaching. Le funzioni di staff sono svolte da un numero molto ristretto di persone. 7000 infermieri sono supportati da 30 persone nella sede centrale. Lo scopo di Buurtzorg è molto più che somministrare iniezioni e cambiare bende. Si tratta di aiutare gli anziani a vivere una vita piena.
FAVI è una fonderia di ottone in Francia. Questa società esiste su tre presupposti:
Nella FAVI esiste una meravigliosa pratica di costruzione della comunità: tutti vengono formati nelle competenze di prima linea, ciò significa che gli impiegati amministrativi e gli ingegneri sono stati formati per utilizzare almeno una macchina. Quindi, quando il tempo è limitato, gli impiegati scendono al primo piano per far funzionare una macchina per un paio d'ore.
Morning Star è un'azienda statunitense di lavorazione del pomodoro. Si fonda su due principi fondamentali:
L'azienda è interamente autogestita, non ci sono manager né gerarchie di potere fisse, ciò che conta è il capitale reputazionale, in base al valore che aggiungi puoi guadagnare il tuo status. I colleghi stipulano tra loro contratti: la cosiddetta “lettera d’intesa del collega”, un breve documento che specifica gli impegni che un dipendente ha assunto con altri dipendenti interessati dal loro lavoro.
Patagonia è un designer di abbigliamento e attrezzature outdoor per gli sport silenziosi (come lo sci, l'arrampicata e lo snowboard). L'azienda è molto rispettosa dell'ambiente e ha una cultura guidata dai valori, cercando di avere un impatto positivo sull'ambiente naturale. Nell'estate del 1994, l'azienda iniziò a sostituire tutto il cotone coltivato in modo convenzionale con quello biologico, era un rischio perché la materia prima costava tre volte di più, alla fine il loro programma si è rivelato finanziariamente vantaggioso e ha ispirato altri a fare lo stesso. Oltre al suo scopo evolutivo, la Patagonia incorpora altre pratiche Teal: le assunzioni vengono effettuate da colleghi e le iniziative sociali e ambientali possono essere avviate ovunque nell'organizzazione. Altri esempi di società Teal includono ESBZ, Heiligenfeld, RHD, Sounds True, Sun Hydraulics e Holacracy. Secondo Laloux, ci sono due condizioni necessarie che determinano se un’azienda può evolversi in un’organizzazione Teal evolutiva:
Per trasformare le organizzazioni già esistenti in aziende Teal, Laloux consiglia di lavorare sui tre pilastri del paradigma di gestione Teal: autogestione, integrità e scopo:
Introdurre l'autogestione
I lavoratori in prima linea molto probabilmente accoglieranno favorevolmente il cambiamento di auto-organizzazione. Allo stesso tempo, le persone in posizioni di potere, come i quadri intermedi, resisteranno al cambiamento. Il cambiamento significherà che dovranno lasciare il loro potere. Per creare una nuova struttura organizzativa basata sull’autogestione si può adottare uno dei due metodi:
Introdurre l'integrità
Spiegare perché l'integrità è importante sul posto di lavoro. Quindi incorporare pratiche di integrità nel lavoro quotidiano, ad esempio stabilire regole per un luogo sicuro, riunioni e processi di onboarding.
Introdurre lo scopo evolutivo
Pensare a cosa vuole essere la nostra organizzazione, non a cosa dovrebbe essere. Lo scopo deve essere al centro del processo decisionale. In qualità di responsabile parla ripetutamente dello scopo. Nella società moderna coesistono tutti i tipi di organizzazioni: rossa, ambra, arancione, verde e verde acqua. Tuttavia, possiamo abbracciare il cambiamento e provare a creare imprese più innovative, propositive e piene di sentimento. Team autogestiti, cultura guidata dai valori, autorità distribuita e un senso più profondo del lavoro: questi sono i principi fondamentali della gestione Teal.
Holacracy è un framework di gestione modulare confezionato per una distribuzione più rapida molto in linea con il nostro modello originale che abbiamo definito “ECOSISTEMA BIOLONICO”. In questo movimento dettato dagli spunti resi celebri dal libro “Reinventing Organizations” di Frederic Laloux il nostro framework dell’ECOSISTEMA BIOLONICO è molto in linea con l’approccio dell’”OLOCRAZIA”. Infatti anche l Brian J. Robertson, fondatore dell'”Holacrazy” dichiara che non esiste un modo per adottare il quadro dell’olocrazia in azienda ma esistono tanti approcci quante sono le organizzazioni: è un framework che personalizzare il piano di implementazione in base al contesto specifico per ridurre al minimo le interruzioni interne. Adottare Holacracy non è qualcosa che si improvvisa, va supportato con l'aiuto di un Coach di Holacracy esterno.
https://www.innovabilita.it/ecosistema-biolonico